domenica 5 aprile 2020

Il ruolo delle associazioni e la costituzione nel giudizio penale degli enti protezionistici - Estratto dagli atti del convegno del 17/2/20 - Aula Magna Ca' Dolfin, Venezia


(pubblicato sul Bollettino n. 1/2020 speciale della Camera Penale Veneziana)

Grazie, Monica. Ringrazio la Camera Penale Veneziana, l’Ordine degli Avvocati di Venezia e tutti quelli che hanno organizzato questo interessante convegno.
Per me è veramente un privilegio essere qui e lo dico non come frase di circostanza, perché gli argomenti di cui ci stiamo occupando mi hanno sempre interessato sin dai tempi dei miei studi universitari. Io mi sono laureato con una tesi sui diritti degli animali negli anni Novanta, quando non era così facile poter parlare di questi argomenti, anzi, all’epoca era certamente considerata come stravagante una tesi di quel genere. Poi ho continuato, sia come attivista e sia come Avvocato, ad occuparmi di queste tematiche e da una decina d’anni a questa parte sono il coordinatore dell’Ufficio Legale Nazionale della Lega per la Difesa del Cane. Seguiamo tutti i giorni casi come quelli di cui abbiamo sinora parlato, anzi, rispondo alla collega che voleva sapere che fine avesse fatto quel processo sull’uccisione dei 750 topolini in un istituto di ricerca abruzzese, che è uno di quelli che stiamo seguendo: la discussione ci sarà questo giovedì. Il processo si sta svolgendo davanti al Tribunale di Lanciano e il Giudice lo sta istruendo con grandissima attenzione. E’ entrato nel dettaglio di ogni questione, ha convocato ai sensi dell’articolo 507 c.p.p. anche alcuni stabularisti per cercare di capire in concreto chi avesse dato l’ordine di soppressione di questi 750 topi. Si è evidenziato in quel processo come in altri istituti di ricerca viene seguita la prassi, che poi è prevista dalle normative di settore, di cercare una ricollocazione per gli animali che non vengono utilizzati negli esperimenti, e questa prassi non era stata seguita. L’unica preoccupazione è sembrata essere quella di tipo economico. Quindi confidiamo anche in una sentenza di condanna.
E’ un osservatorio importante quello che abbiamo noi, perché, con un’associazione che ha cento sedi in Italia, riceviamo ogni giorno segnalazioni di fatti gravi che riguardano abusi sugli animali. Facciamo le nostre denunce e successivamente ci costituiamo parte civile nei processi. Ma non è solo questa la nostra attività. Questa attiene a quello che posso definire un po’ il lato patologico del nostro lavoro, e cioè quello che dobbiamo svolgere quando purtroppo non siamo riusciti, nonostante le tante iniziative che poniamo in campo tutti i giorni, ad arginare fenomeni di violenza contro gli animali. Credo che questi argomenti avranno sempre maggiore attenzione perché, seguendo casi di questo tipo ogni giorno, vedo che la sensibilità nei confronti degli animali è sempre maggiore. Non escludo che si arrivi anche a una vera e propria codificazione organica sul diritto degli animali, cioè ad un codice che metta insieme le varie norme, che oggi sono sparse nell’ordinamento civile, penale, amministrativo, e che se ne faccia addirittura anche materia di insegnamento universitario. E’ successo in realtà anche in altri settori: il diritto della navigazione non esisteva come materia di insegnamento fino alla metà del secolo scorso. Poi, con l’intensificarsi dei traffici commerciali, il giurista Antonio Scialoja ha avuto l’intuizione di unire le varie norme, penali, amministrative, civilistiche, che erano sparse nell’ordinamento e che riguardavano il diritto della navigazione, e il suo lavoro ha poi portato alla formazione del “Codice della Navigazione”. Da lì è nata anche la relativa materia di insegnamento universitario.
Peraltro, ad Harvard già si insegna animal law. I Paesi anglosassoni hanno una maggiore facilità ad adattarsi ai mutamenti della sensibilità collettiva, anche perché il loro ordinamento giuridico è basato maggiormente sui precedenti giurisprudenziali e questo li rende un po’ più al passo con i tempi. Noi ci mettiamo un po’ più di tempo ad adeguarci, dal punto di vista normativo, alle nuove sensibilità collettive, però poi abbiamo, per converso, delle codificazioni più strutturate e più approfondite. Facendo una comparazione devo dire che non siamo messi malissimo sulle norme che tutelano gli animali, ma ovviamente dobbiamo ancora fare molta strada per assicurare loro una tutela davvero adeguata.

Una delle attività che svolge la Lega per la Difesa del Cane è quella di collaborare con le istituzioni, sia quelle locali che quelle nazionali, anche con i parlamentari, con i quali abbiamo delle interlocuzioni quando ci sono progetti di legge che riguardano gli animali. Per esempio, sul recente Disegno di Legge Perilli, siamo stati convocati anche noi in audizione presso la Commissione Giustizia del Senato e abbiamo fornito le nostre osservazioni. Molte previsioni normative di quel disegno di legge sono attese da tempo e speriamo che vengano introdotte. Sulla base della nostra esperienza, poi, ci permettiamo anche di dare dei suggerimenti. Quando, per esempio, vediamo che molti processi per reati contro gli animali si chiudono con una messa alla prova, che è un istituto che non è stato citato nel precedente intervento, cerchiamo di fare in modo che questa possibilità non venga data agli autori di queste condotte. Per esempio, Striscia la Notizia seguì il caso – ne dico uno ma ne potrei citare tantissimi – di quel pastore sardo che, per punire un cane che aveva ucciso una pecora del suo gregge, lo legò dietro la macchina e lo trascinò. La cosa fu ancora più cruenta perché questo pastore, mentre stava guidando la macchina, incrociò un’auto dei Carabinieri che fecero inversione e lo inseguirono e quindi ci fu una scena drammatica con il pastore che scappava con il cane legato dietro e la macchina dei Carabinieri che lo inseguiva: una vicenda terribile che si è conclusa giudiziariamente con una semplice messa alla prova: il pastore è andato, credo, a fare le fotocopie negli uffici comunali proprio di fronte a casa sua ed è uscito con grande facilità dal processo. Quindi noi abbiamo suggerito, qualora non ci fosse l’aumento di pena fino a cinque anni per i reati di uccisione di animali proposto nel Disegno di Legge Perilli, che venga comunque stabilita un’ipotesi di sottrazione di questi reati da quelli per i quali è possibile richiedere la messa alla prova. Una sorta di norma speciale, come è stata fatta anche per la tenuità del fatto, che è un istituto non applicabile ai reati commessi con crudeltà in danno degli animali.
Inoltre, collaboriamo molto con le amministrazioni territoriali, a volte anche cercando, nel nostro piccolo, di dare un contributo per il controllo del territorio. Noi formiamo le nostre guardie zoofile, che sono espressamente riconosciute anche dalla Legge 189/2004.  Lo erano già prima, ma hanno avuto un ulteriore riconoscimento da questa normativa. Diciamo che le Guardie Zoofile sono a tutti gli effetti degli agenti di Polizia giudiziaria, ovviamente con compiti limitati alla tutela degli animali d’affezione. Hanno inoltre una competenza territoriale limitata su base provinciale. Però, laddove le Guardie zoofile si comportano bene, riescono a stabilire dei buoni rapporti anche con la Procura e i Pubblici Ministeri si accorgono di potersi avvalere effettivamente della loro collaborazione, ottengono deleghe anche per attività importanti, come sopralluoghi, assunzione di sommarie informazioni, eccetera. Quella della formazione delle Guardie zoofile è dunque un’altra attività che viene svolta dalla Lega per la Difesa del Cane.
Poi c’è l’argomento che mi è stato assegnato, cioè la costituzione di parte civile nel processo. Laddove riceviamo segnalazioni di abusi contro gli animali, come detto, facciamo le nostre denunce e ci costituiamo parte civile nei relativi processi. Abbiamo avuto qualche caso veramente molto, molto isolato di sentenze di merito che non ci hanno riconosciuto una legittimazione alla costituzione di parte civile, non riconoscendoci la qualifica di parte danneggiata dal reato. E’ successo, per esempio, di fronte al Tribunale di Catania in un processo che abbiamo noi faticosamente portato avanti, insieme ad altre associazioni, opponendoci alla richiesta di archiviazione ed ottenendo l’imputazione coatta per i reati di maltrattamento di animali e associazione a delinquere finalizzata alla truffa ai danni dei Comuni connessi alla gestione di un canile. In realtà, devo dire che la giurisprudenza di legittimità su questo è unanime: la Corte di Cassazione ha sempre affermato che le associazioni sono legittimate a fare valere in giudizio un danno iure proprio, un danno da lesione della propria personalità laddove le condotte che si ripercuotono contro gli animali vanno a pregiudicare la finalità statutaria della tutela degli animali. In questo modo si tutelano gli stessi associati, che ricevono una frustrazione per quel tipo di condotte che si ripercuotono contro gli animali. Queste condotte sono dunque fonte di un vero e proprio diritto al risarcimento del danno. Questo afferma unanimemente la Cassazione. Ovviamente per quei colleghi che saranno incaricati da qualche associazione animalista di costituirsi parte civile, ci sono dei suggerimenti da dare: per esempio, la giurisprudenza, soprattutto di merito, ma anche di legittimità, specifica che l’interesse statutario leso deve essere quello primario dell’associazione. Spesso ci sono delle previsioni statutarie molto generiche, per cui occorre dimostrare che quello leso dal reato è proprio l’interesse principale dell’associazione. In un caso, per esempio, mi è capitato di essere stato escluso come parte civile in un processo in cui ho chiesto di costituirmi per la Lav e si trattava di un processo per reati ambientali che poi si ripercuotevano anche sugli animali e sulla salute stessa degli uomini. Pur essendo la Lav riconosciuta anche come associazione di protezione ambientale con decreto del Ministero dell’Ambiente, ciononostante il Giudice del dibattimento ha disposto l’esclusione di questa associazione sul rilievo che non aveva come scopo principale la tutela di quell’interesse specifico che era leso dalle condotte che erano contestate in giudizio.
Ci sono poi delle ulteriori indicazioni che sono state date dalla giurisprudenza di merito sulla necessità, per esempio, che vi sia un collegamento territoriale tra l’associazione che chiede di costituirsi parte civile ed il luogo in cui è avvenuto il fatto delittuoso. Visto che le associazioni lamentano un danno iure proprio, un danno subito dai propri associati per l’afflizione che quell’evento ha in loro provocato, occorre che ci sia un radicamento territoriale dell’associazione e quindi bisogna dimostrare la sussistenza di questo requisito e comunque di avere seguito la vicenda, di avere avuto un interessamento per quell’accadimento. Queste restrizioni servono anche a scremare il numero delle parti civili, specialmente in quei processi dove si riscontra una grande confluenza di richieste di ammissione in quanto si tratta di fatti molto eclatanti. Per esempio, noi abbiamo seguito qualche anno fa il caso del cane Angelo, il cane che fu purtroppo seviziato e impiccato da quattro ragazzi a Sangineto, e che filmarono le sevizie facendo girare il video su internet. Quella vicenda ha veramente scosso l’opinione pubblica, sia locale che nazionale ed è stato girato anche un film su questa triste storia che è stato patrocinato anche dalla Lega per la Difesa del Cane, che ha dato un importante contributo alla realizzazione del cortometraggio. In quel processo ci sono state almeno quindici parti civili che sono state ammesse, tra cui anche, meritoriamente, il Comune di Sangineto in persona del Sindaco, che ha ritenuto importante dare alla collettività questo segnale di civiltà.
Vero è che il nostro codice di procedura penale prevede, per gli enti rappresentativi di interessi lesi dal reato, anche un altro modo per entrare nel processo, cioè l’atto di intervento previsto dagli artt. 91 e seguenti. Però in quel caso non si fa valere un vero e proprio diritto al risarcimento del danno. Inoltre, questo tipo di intervento può essere effettuato da un solo ente e previo consenso della persona offesa dal reato. Si tratta, quindi, di una forma di intervento nel giudizio molto diversa dalla costituzione di parte civile, che viene poco applicata anche perché, sulla scorta della giurisprudenza unanime della Cassazione, la possibilità di costituirsi parte civile in questi processi è, come detto, pacificamente ammessa.
Ovviamente la Lega per la Difesa del Cane non si costituisce parte civile con la mera finalità di ottenere il risarcimento economico del danno, anzi, devo dire che l’attività di costituzione di parte civile nei processi è sostanzialmente in perdita dal punto di vista economico. Tranne in alcuni casi, in cui abbiamo potuto essere effettivamente risarciti, come ad esempio nel caso del processo nei confronti dei gestori dell’allevamento di beagle destinati alla sperimentazione Green Hill, in cui era stata citata come responsabile civile anche questa società, che era un’affiliata della Marshall, e c’è stata la possibilità di avere effettivamente un risarcimento del danno, spesso le sentenze di condanna rimangono solo sulla carta. Noi, però, abbiamo interesse a costituirci perché il nostro scopo è quello di far affermare dei principi, come quelli che sono stati affermati nei Tribunali spagnoli e di cui ha pocanzi parlato la relatrice che mi ha preceduto. Per esempio, c’è stato un caso, che ho seguito di fronte al Tribunale di Massa, di un ex cacciatore che aveva deciso di smettere di andare a caccia e, non avendo più bisogno del suo cane, aveva smesso di dargli da mangiare, lasciandolo quindi morire di stenti. I vicini di casa avevano iniziato a lanciare un po’ di cibo a questo povero animale che purtroppo è stato sottoposto a sequestro e affidato a noi quando era in condizioni irrecuperabili, per cui è morto poco dopo il nostro intervento. In quel processo veniva contestato all’autore di questa condotta il maltrattamento aggravato dall’evento morte. Invece è stata accolta in sentenza la nostra tesi secondo cui si era in presenza del reato di uccisione dolosa di animale tramite una condotta omissiva. L’intenzione del proprietario di quel cane, a nostro avviso, non era quella di maltrattarlo, ma proprio quella di farlo arrivare alla morte in questo modo così doloroso e nella sentenza il Giudice ha riqualificato il fatto sussumendolo nella previsione di cui all’art. 544 bis c.p. Dal punto di vista della quantificazione della pena cambia poco, perché tra maltrattamento aggravato dall’evento morte e uccisione di animale non vi è una grossa differenza, però come concetto è ben diverso avere maltrattato il cane che poi è morto dall’averlo voluto uccidere in quel modo così doloroso. Quindi a volte ci costituiamo anche per fare affermare questioni di principio per noi molto importanti.
Del resto, alcune sentenze della Cassazione riconoscono alle associazioni proprio questo ruolo di stimolo. Il nostro lavoro non è quello di andare a ruota del Pubblico Ministero, anzi, spesso ci troviamo noi, come stavo dicendo anche prima, a fare opposizione ad alcune richieste di archiviazione che ci sembrano a volte veramente fuori dalla grazia di Dio, ottenendo poi l’imputazione coatta. Per esempio, a Trapani, la Presidente della LNDC Piera Rosati ha voluto che presenziassi personalmente ad un’udienza camerale fissata a seguito della nostra opposizione alla richiesta di archiviazione, perché il caso era per noi di estrema gravità: un signore un giorno era andato al mare, aveva legato il proprio cane a una corda con una pietra e lo aveva buttato in acqua; fortunatamente c’era una coppia di ragazzi che stava facendo il bagno, avevano visto il cane che stava annaspando dopo essersi liberato della corda, si erano tuffati e avevano tratto in salvo il cane, che poi è stato anche adottato. Sentito l’indagato, quest’ultimo aveva riferito che era andato a lavare il cane al mare verso gli scogli. Poi, dato che il cane si agitava parecchio, a un certo punto lo stesso si era attorcigliato alla corda la quale a sua volta era rimasta impigliata alla pietra caduta in acqua. Però, visto che l’indagato - a suo dire - sapeva che il suo cane se la sapeva cavare in tutte le situazioni, era tornato a casa convinto che poi anche il cane sarebbe tornato. Queste sono state davvero le dichiarazioni rese da quell’indagato, che il PM, nella sua richiesta di archiviazione, aveva affermato di ritenere credibili. Ovviamente abbiamo fatto opposizione alla richiesta di archiviazione e, poiché, a pena di inammissibilità, si devono indicare ulteriori elementi di investigazione, io, in modo anche un po’ sfrontato, ho chiesto una consulenza per verificare se una corda, da sola, si poteva legare intorno a una pietra e contestualmente legare anche intorno a un cane. Il GIP ha disposto direttamente l’imputazione coatta. Ma ho citato questo caso per dire che spesso ci troviamo a dover faticare per arrivare a ottenere dei risultati. A proposito delle richieste di archiviazione, la settimana prossima, per esempio, si terrà a Trento la prima udienza che segue a un’imputazione coatta nei confronti dell’ex Presidente della Provincia Autonoma di Trento Ugo Rossi che diede l’incarico di abbattere l’orsa KJ2, a nostro avviso, ed è sempre stata questa la nostra tesi, in assenza dei presupposti che legittimassero l’ordine di uccisione di quell’orsa; anche lì ci fu la richiesta di archiviazione e abbiamo convinto il GIP che non c’era alcuna necessità di abbattere l’animale, tanto che ha disposto, come detto, l’imputazione coatta.
Spesso abbiamo anche la fortuna di collaborare con consulenti che apportano importanti contributi in sede processuale, per cui, quando arriviamo al processo, in vista della costituzione di parte civile, depositiamo le nostre liste di testimoni e di consulenti, perché sappiamo che sono spesso decisivi per la ricostruzione dei fatti.
Spesso ci avvaliamo di consulenti veterinari. Esiste una disciplina che qualche decennio fa sarebbe stata proprio inimmaginabile, che è la Medicina Veterinaria Forense. A Grosseto c’è il Centro di Referenza Nazionale della Medicina Veterinaria Forense che è diretto dal Dottor Rosario Fico, che in alcuni casi ho nominato come mio consulente. Questo Centro è una specie di RIS come quello di Parma, però si occupa di crimini contro gli animali. Quando c’è bisogno di fare un accertamento tecnico, un’autopsia, loro dispongono di tutte le strumentazioni e spesso le loro indagini scientifiche sono davvero fondamentali.
A proposito di indagini di tipo scientifico, stiamo seguendo il caso dell’uccisione in Abruzzo di un orso da parte di un agricoltore, che lamentava le continue depredazioni del suo pollaio da parte di questo animale. La sui tesi è stata quella che una sera si è trovato l’orso davanti e aveva il fucile in mano e preso da paura era indietreggiato, e cadendo aveva sparato due colpi che avevano colpito l’animale mortalmente. In primo grado l’imputato è stato assolto e anche in questo caso il Giudice ha ritenuto credibili le parole dell’imputato. In appello stiamo cercando di ottenere un ribaltamento della sentenza di primo grado, sulla base delle risultanze dell’autopsia e della perizia balistica, e dunque sulla base di accertamenti che, ripeto, sarebbero stati inimmaginabili anni fa. In base a queste le risultanze, che sono state oggetto di approfondimento in appello mediante la rinnovazione dell’esame del nostro consulente balistico, abbiamo acclarato che l’orso era stato colpito di schiena e che la distanza tra chi ha sparato e l’orso era di circa 20 metri, non tale da poter da credito, a nostro avviso, alla tesi difensiva secondo cui l’orso si era parato davanti all’imputato.  Anche in questo processo, dunque, stiamo cercando di supportare l’attività del Pubblico Ministero, nell’ottica di ottenere una sempre maggiore tutela degli animali.
Poi c’è un’altra importante attività che svolge la LNDC, ed è quella di prendere in custodia giudiziaria gli animali sottoposti a sequestro. Qui si apre un altro capitolo gigantesco dell’attività che svolgiamo, perché a volte penso che sia più agevole gestire la custodia di un carico di materiale radioattivo che di animali vivi, specialmente quando si tratta di numeri importanti. Il Corpo Forestale, ora confluito nell’Arma dei Carabinieri, ha stimato che negli ultimi 20 anni sono stati sottoposti a sequestro 30 mila animali tra quelli selvatici, quelli esotici e quelli familiari. Solo nel caso di Green Hill sono stati sottoposti a sequestro oltre 2600 beagle in un colpo solo. Se non ci fossero state tutte le associazioni a collaborare in quell’occasione sarebbe stato impossibile gestire le attività di custodia degli animali. In quella circostanza si era fatto ricorso alla subdelega delle attività di custodia e poi alla vendita degli animali agli affidatari finali, sulla base della loro equiparazione ai beni deperibili. Quello è stato, probabilmente, l’unico caso in cui le associazioni protezioniste hanno tollerato l’equiparazione degli animali alle cose. Nel progetto di legge Perilli si introduce, a tal proposito, l’istituto che, più correttamente, viene definito come “affidamento definitivo” e siamo d’accordo con questa previsione contenuto nel predetto progetto di legge. Tante volte i sequestri di animali creano dei problemi applicativi importanti, innanzi tutto perché spesso non si trovano strutture dove collocare gli animali, specialmente se si tratta ci animali esotici. A Chieti, per esempio, abbiamo ottenuto il sequestro degli animali di un’attività circense, il cui proprietario è poi stato condannato in via definitiva per detenzione di animali con modalità non compatibili con le loro caratteristiche etologiche. Tra gli animali sequestrati vi erano due alligatori e ricordo che il Pubblico Ministero mi confidò di avere avuto enormi difficoltà per la loro collocazione. Non c’era un bioparco in tutta Italia dove si potevano tenere questi alligatori, che avevano, tra l’altro, le zampe atrofizzate e dovevano essere sottoposti a degli interventi delicati; è stato trovato un centro di recupero in Francia, e questo ha comportato la necessità di tradurre ufficialmente tutta la documentazione. Poi, per ogni attività che bisognava fare in relazione a questi animali, bisognava chiedere l’autorizzazione al PM perché erano sotto sequestro ed ogni richiesta e la relativa autorizzazione dovevano sempre essere tradotte ufficialmente. In ogni caso, quando hai in custodia un animale sottoposto a sequestro, non ti puoi prendere alcun tipo di libertà. Se l’animale deve essere sottoposto ad un intervento di qualsiasi tipo che incide sulla sua integrità, questo deve essere autorizzato dal PM.
Poi c’è il capitolo relativo alle spese di custodia. A Trani qualche anno fa è stato sequestrato un canile dove gli animali venivano tenuti in modo terribile. Nel canile c’erano circa 500 cani, che sono stati quasi tutti dati in custodia alla Lega per la Difesa del Cane. Gestire un sequestro di 500 cani che devono essere tutti i giorni alimentati e curati è davvero difficile, soprattutto se si tratta, come succede in questi casi, di animali diventati problematici per il modo in cui sono stati tenuti. Noi siamo riusciti, anche grazie alla nostra rete capillare di sedi e di attivisti, a trovare una collocazione per quasi tutti questi cani, ma abbiamo maturato spese vive per la loro gestione superiori a 300 mila euro, di cui una parte sono state rimborsate dai Comuni, che erano proprietari della maggior parte degli animali. Ma poi c’era una parte di quei cani che non erano microchippati e dunque non erano formalmente intestati a nessuno. Tra l’altro, nel capo d’imputazione, i gestori di questo canile sono imputati anche di truffa ai danni dei Comuni perché avrebbero, uso il condizionale non essendoci ancora una sentenza di primo grado, trasferito il microchip di cani deceduti su cani non microchippati. In definitiva, c’era un importante numero di cani non di competenza delle amministrazioni, le quali non hanno dunque pagato per le spese di custodia per quegli animali, e ci siamo permessi di chiedere il rimborso delle spese alla Procura, perché era stata quest’ultima a darci l’incarico di custodirli.  Stiamo ancora aspettando, dopo diversi anni, un rimborso di oltre centomila euro. Non ci sono peraltro tabelle, non ci sono tariffe per le spese di custodia degli animali. Ci sono stati persino dei provvedimenti stravaganti di alcuni Magistrati: in un caso un Magistrato ha liquidato le spese di custodia tenendo come riferimento le tabelle per la custodia degli automezzi basata sul loro ingombro. Succede anche questo!
Di provvedimenti non condivisibili in questa materia ce ne sono, purtroppo, davvero tanti. Ultimamente è successo a Brindisi che hanno sequestrato dei maiali che erano tenuti in modo indecoroso da un allevatore che poi li macellava abusivamente. E’ stato aperto un procedimento, in cui viene contestato all’allevatore, tra i vari reati, anche quello di cui al secondo comma dell’art. 727 c.p., cioè la detenzione di animali con modalità non compatibili con le loro caratteristiche etologiche. La ASL ha evidenziato la pericolosità di questi animali per la salute umana, non essendo stati allevati seguendo le corrette procedure e ne ha richiesto la “termodistruzione”. Il Pubblico Ministero ha conseguentemente disposto la “distruzione delle cose in sequestro”. Abbiamo fatto una richiesta in via urgentissima chiedendo di poterli prendere noi in affidamento questi ventuno maiali, essendo noi collegati a centri di recupero di animali salvati dalla macellazione (cosiddetti “santuari”) e nella richiesta ho evidenziato la contraddizione in cui si stava incorrendo, perché nello stesso procedimento in cui si perseguiva l’autore di una condotta di maltrattamento o comunque di mancato rispetto delle esigenze etologiche di quei maiali, questi ultimi finivano con l’essere destinatari, da parte della stessa magistratura, di un ordine di “distruzione”. Questa è la dizione normativa, anche se si tratta di animali, e la cosa ci è sembrata inaccettabile. Queste sono le battaglie che portiamo avanti ogni giorno.
La cosa bella del lavoro che mi trovo a svolgere è che spesso mi imbatto in vuoti normativi, che poi vengono colmati dalle sentenze che otteniamo e che a volte vengono prese come riferimento anche per delle riforme di tipo normativo. Questo rende il mio lavoro davvero molto stimolante. Si ha la sensazione non solo di cercare di fare qualche cosa di buono, ma anche di contribuire a creare una nuova giurisprudenza e questo, per chi svolge il lavoro di Avvocato, è davvero una cosa molto gratificante. Grazie.


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