(pubblicato sul Bollettino n. 1/2020 speciale della Camera Penale Veneziana)
Grazie, Monica. Ringrazio la Camera Penale
Veneziana, l’Ordine degli Avvocati di Venezia e tutti quelli che hanno
organizzato questo interessante convegno.
Per me è veramente un privilegio essere
qui e lo dico non come frase di circostanza, perché gli argomenti di cui ci
stiamo occupando mi hanno sempre interessato sin dai tempi dei miei studi
universitari. Io mi sono laureato con una tesi sui diritti degli animali negli
anni Novanta, quando non era così facile poter parlare di questi argomenti,
anzi, all’epoca era certamente considerata come stravagante una tesi di quel
genere. Poi ho continuato, sia come attivista e sia come Avvocato, ad occuparmi
di queste tematiche e da una decina d’anni a questa parte sono il coordinatore
dell’Ufficio Legale Nazionale della Lega per la Difesa del Cane. Seguiamo tutti
i giorni casi come quelli di cui abbiamo sinora parlato, anzi, rispondo alla
collega che voleva sapere che fine avesse fatto quel processo sull’uccisione
dei 750 topolini in un istituto di ricerca abruzzese, che è uno di quelli che
stiamo seguendo: la discussione ci sarà questo giovedì. Il processo si sta
svolgendo davanti al Tribunale di Lanciano e il Giudice lo sta istruendo con
grandissima attenzione. E’ entrato nel dettaglio di ogni questione, ha convocato
ai sensi dell’articolo 507 c.p.p. anche alcuni stabularisti per cercare di
capire in concreto chi avesse dato l’ordine di soppressione di questi 750 topi.
Si è evidenziato in quel processo come in altri istituti di ricerca viene
seguita la prassi, che poi è prevista dalle normative di settore, di cercare
una ricollocazione per gli animali che non vengono utilizzati negli
esperimenti, e questa prassi non era stata seguita. L’unica preoccupazione è
sembrata essere quella di tipo economico. Quindi confidiamo anche in una
sentenza di condanna.
E’ un osservatorio importante quello che
abbiamo noi, perché, con un’associazione che ha cento sedi in Italia, riceviamo
ogni giorno segnalazioni di fatti gravi che riguardano abusi sugli animali. Facciamo
le nostre denunce e successivamente ci costituiamo parte civile nei processi.
Ma non è solo questa la nostra attività. Questa attiene a quello che posso
definire un po’ il lato patologico del nostro lavoro, e cioè quello che
dobbiamo svolgere quando purtroppo non siamo riusciti, nonostante le tante iniziative
che poniamo in campo tutti i giorni, ad arginare fenomeni di violenza contro
gli animali. Credo che questi argomenti avranno sempre maggiore attenzione
perché, seguendo casi di questo tipo ogni giorno, vedo che la sensibilità nei
confronti degli animali è sempre maggiore. Non escludo che si arrivi anche a
una vera e propria codificazione organica sul diritto degli animali, cioè ad un
codice che metta insieme le varie norme, che oggi sono sparse nell’ordinamento
civile, penale, amministrativo, e che se ne faccia addirittura anche materia di
insegnamento universitario. E’ successo in realtà anche in altri settori: il
diritto della navigazione non esisteva come materia di insegnamento fino alla
metà del secolo scorso. Poi, con l’intensificarsi dei traffici commerciali, il giurista
Antonio Scialoja ha avuto l’intuizione di unire le varie norme, penali,
amministrative, civilistiche, che erano sparse nell’ordinamento e che riguardavano
il diritto della navigazione, e il suo lavoro ha poi portato alla formazione
del “Codice della Navigazione”. Da lì è nata anche la relativa materia di
insegnamento universitario.
Peraltro, ad Harvard già si insegna animal
law. I Paesi anglosassoni hanno una maggiore facilità ad adattarsi ai
mutamenti della sensibilità collettiva, anche perché il loro ordinamento
giuridico è basato maggiormente sui precedenti giurisprudenziali e questo li
rende un po’ più al passo con i tempi. Noi ci mettiamo un po’ più di tempo ad
adeguarci, dal punto di vista normativo, alle nuove sensibilità collettive, però
poi abbiamo, per converso, delle codificazioni più strutturate e più
approfondite. Facendo una comparazione devo dire che non siamo messi malissimo
sulle norme che tutelano gli animali, ma ovviamente dobbiamo ancora fare molta
strada per assicurare loro una tutela davvero adeguata.
Una delle attività che svolge la Lega per
la Difesa del Cane è quella di collaborare con le istituzioni, sia quelle
locali che quelle nazionali, anche con i parlamentari, con i quali abbiamo
delle interlocuzioni quando ci sono progetti di legge che riguardano gli
animali. Per esempio, sul recente Disegno di Legge Perilli, siamo stati convocati
anche noi in audizione presso la Commissione Giustizia del Senato e abbiamo fornito
le nostre osservazioni. Molte previsioni normative di quel disegno di legge sono
attese da tempo e speriamo che vengano introdotte. Sulla base della nostra
esperienza, poi, ci permettiamo anche di dare dei suggerimenti. Quando, per
esempio, vediamo che molti processi per reati contro gli animali si chiudono
con una messa alla prova, che è un istituto che non è stato citato nel
precedente intervento, cerchiamo di fare in modo che questa possibilità non
venga data agli autori di queste condotte. Per esempio, Striscia la Notizia
seguì il caso – ne dico uno ma ne potrei citare tantissimi – di quel pastore
sardo che, per punire un cane che aveva ucciso una pecora del suo gregge, lo
legò dietro la macchina e lo trascinò. La cosa fu ancora più cruenta perché questo
pastore, mentre stava guidando la macchina, incrociò un’auto dei Carabinieri
che fecero inversione e lo inseguirono e quindi ci fu una scena drammatica con il
pastore che scappava con il cane legato dietro e la macchina dei Carabinieri
che lo inseguiva: una vicenda terribile che si è conclusa giudiziariamente con
una semplice messa alla prova: il pastore è andato, credo, a fare le fotocopie
negli uffici comunali proprio di fronte a casa sua ed è uscito con grande
facilità dal processo. Quindi noi abbiamo suggerito, qualora non ci fosse l’aumento
di pena fino a cinque anni per i reati di uccisione di animali proposto nel Disegno
di Legge Perilli, che venga comunque stabilita un’ipotesi di sottrazione di
questi reati da quelli per i quali è possibile richiedere la messa alla prova.
Una sorta di norma speciale, come è stata fatta anche per la tenuità del fatto,
che è un istituto non applicabile ai reati commessi con crudeltà in danno degli
animali.
Inoltre, collaboriamo molto con le
amministrazioni territoriali, a volte anche cercando, nel nostro piccolo, di
dare un contributo per il controllo del territorio. Noi formiamo le nostre
guardie zoofile, che sono espressamente riconosciute anche dalla Legge 189/2004.
Lo erano già prima, ma hanno avuto un
ulteriore riconoscimento da questa normativa. Diciamo che le Guardie Zoofile sono
a tutti gli effetti degli agenti di Polizia giudiziaria, ovviamente con compiti
limitati alla tutela degli animali d’affezione. Hanno inoltre una competenza
territoriale limitata su base provinciale. Però, laddove le Guardie zoofile si
comportano bene, riescono a stabilire dei buoni rapporti anche con la Procura e
i Pubblici Ministeri si accorgono di potersi avvalere effettivamente della loro
collaborazione, ottengono deleghe anche per attività importanti, come sopralluoghi,
assunzione di sommarie informazioni, eccetera. Quella della formazione delle
Guardie zoofile è dunque un’altra attività che viene svolta dalla Lega per la
Difesa del Cane.
Poi c’è l’argomento che mi è stato
assegnato, cioè la costituzione di parte civile nel processo. Laddove riceviamo
segnalazioni di abusi contro gli animali, come detto, facciamo le nostre
denunce e ci costituiamo parte civile nei relativi processi. Abbiamo avuto
qualche caso veramente molto, molto isolato di sentenze di merito che non ci
hanno riconosciuto una legittimazione alla costituzione di parte civile, non
riconoscendoci la qualifica di parte danneggiata dal reato. E’ successo, per
esempio, di fronte al Tribunale di Catania in un processo che abbiamo noi
faticosamente portato avanti, insieme ad altre associazioni, opponendoci alla
richiesta di archiviazione ed ottenendo l’imputazione coatta per i reati di
maltrattamento
di animali e associazione a delinquere finalizzata alla truffa ai danni dei
Comuni connessi alla gestione di un canile. In realtà, devo dire che la
giurisprudenza di legittimità su questo è unanime: la Corte di Cassazione ha
sempre affermato che le associazioni sono legittimate a fare valere in giudizio
un danno iure proprio, un danno da lesione della propria personalità
laddove le condotte che si ripercuotono contro gli animali vanno a pregiudicare
la finalità statutaria della tutela degli animali. In questo modo si tutelano
gli stessi associati, che ricevono una frustrazione per quel tipo di condotte
che si ripercuotono contro gli animali. Queste condotte sono dunque fonte di un
vero e proprio diritto al risarcimento del danno. Questo afferma unanimemente
la Cassazione. Ovviamente per quei colleghi che saranno incaricati da qualche
associazione animalista di costituirsi parte civile, ci sono dei suggerimenti
da dare: per esempio, la giurisprudenza, soprattutto di merito, ma anche di
legittimità, specifica che l’interesse statutario leso deve essere quello
primario dell’associazione. Spesso ci sono delle previsioni statutarie molto
generiche, per cui occorre dimostrare che quello leso dal reato è proprio
l’interesse principale dell’associazione. In un caso, per esempio, mi è
capitato di essere stato escluso come parte civile in un processo in cui ho
chiesto di costituirmi per la Lav e si trattava di un processo per reati
ambientali che poi si ripercuotevano anche sugli animali e sulla salute stessa
degli uomini. Pur essendo la Lav riconosciuta anche come associazione di
protezione ambientale con decreto del Ministero dell’Ambiente, ciononostante il
Giudice del dibattimento ha disposto l’esclusione di questa associazione sul
rilievo che non aveva come scopo principale la tutela di quell’interesse
specifico che era leso dalle condotte che erano contestate in giudizio.
Ci sono poi delle ulteriori indicazioni
che sono state date dalla giurisprudenza di merito sulla necessità, per
esempio, che vi sia un collegamento territoriale tra l’associazione che chiede
di costituirsi parte civile ed il luogo in cui è avvenuto il fatto delittuoso.
Visto che le associazioni lamentano un danno iure proprio, un danno subito
dai propri associati per l’afflizione che quell’evento ha in loro provocato,
occorre che ci sia un radicamento territoriale dell’associazione e quindi
bisogna dimostrare la sussistenza di questo requisito e comunque di avere
seguito la vicenda, di avere avuto un interessamento per quell’accadimento.
Queste restrizioni servono anche a scremare il numero delle parti civili, specialmente
in quei processi dove si riscontra una grande confluenza di richieste di
ammissione in quanto si tratta di fatti molto eclatanti. Per esempio, noi
abbiamo seguito qualche anno fa il caso del cane Angelo, il cane che fu
purtroppo seviziato e impiccato da quattro ragazzi a Sangineto, e che filmarono
le sevizie facendo girare il video su internet. Quella vicenda ha veramente
scosso l’opinione pubblica, sia locale che nazionale ed è stato girato anche un
film su questa triste storia che è stato patrocinato anche dalla Lega per la
Difesa del Cane, che ha dato un importante contributo alla realizzazione del
cortometraggio. In quel processo ci sono state almeno quindici parti civili che
sono state ammesse, tra cui anche, meritoriamente, il Comune di Sangineto in
persona del Sindaco, che ha ritenuto importante dare alla collettività questo
segnale di civiltà.
Vero è che il nostro codice di procedura penale
prevede, per gli enti rappresentativi di interessi lesi dal reato, anche un
altro modo per entrare nel processo, cioè l’atto di intervento previsto dagli
artt. 91 e seguenti. Però in quel caso non si fa valere un vero e proprio
diritto al risarcimento del danno. Inoltre, questo tipo di intervento può
essere effettuato da un solo ente e previo consenso della persona offesa dal
reato. Si tratta, quindi, di una forma di intervento nel giudizio molto diversa
dalla costituzione di parte civile, che viene poco applicata anche perché,
sulla scorta della giurisprudenza unanime della Cassazione, la possibilità di
costituirsi parte civile in questi processi è, come detto, pacificamente
ammessa.
Ovviamente la Lega per la Difesa del Cane
non si costituisce parte civile con la mera finalità di ottenere il
risarcimento economico del danno, anzi, devo dire che l’attività di
costituzione di parte civile nei processi è sostanzialmente in perdita dal
punto di vista economico. Tranne in alcuni casi, in cui abbiamo potuto essere
effettivamente risarciti, come ad esempio nel caso del processo nei confronti
dei gestori dell’allevamento di beagle destinati alla sperimentazione Green Hill,
in cui era stata citata come responsabile civile anche questa società, che era
un’affiliata della Marshall, e c’è stata la possibilità di avere effettivamente
un risarcimento del danno, spesso le sentenze di condanna rimangono solo sulla
carta. Noi, però, abbiamo interesse a costituirci perché il nostro scopo è
quello di far affermare dei principi, come quelli che sono stati affermati nei Tribunali
spagnoli e di cui ha pocanzi parlato la relatrice che mi ha preceduto. Per
esempio, c’è stato un caso, che ho seguito di fronte al Tribunale di Massa, di
un ex cacciatore che aveva deciso di smettere di andare a caccia e, non avendo
più bisogno del suo cane, aveva smesso di dargli da mangiare, lasciandolo
quindi morire di stenti. I vicini di casa avevano iniziato a lanciare un po’ di
cibo a questo povero animale che purtroppo è stato sottoposto a sequestro e
affidato a noi quando era in condizioni irrecuperabili, per cui è morto poco
dopo il nostro intervento. In quel processo veniva contestato all’autore di
questa condotta il maltrattamento aggravato dall’evento morte. Invece è stata
accolta in sentenza la nostra tesi secondo cui si era in presenza del reato di
uccisione dolosa di animale tramite una condotta omissiva. L’intenzione del
proprietario di quel cane, a nostro avviso, non era quella di maltrattarlo, ma
proprio quella di farlo arrivare alla morte in questo modo così doloroso e
nella sentenza il Giudice ha riqualificato il fatto sussumendolo nella
previsione di cui all’art. 544 bis c.p. Dal punto di vista della
quantificazione della pena cambia poco, perché tra maltrattamento aggravato
dall’evento morte e uccisione di animale non vi è una grossa differenza, però
come concetto è ben diverso avere maltrattato il cane che poi è morto dall’averlo
voluto uccidere in quel modo così doloroso. Quindi a volte ci costituiamo anche
per fare affermare questioni di principio per noi molto importanti.
Del resto, alcune sentenze della
Cassazione riconoscono alle associazioni proprio questo ruolo di stimolo. Il
nostro lavoro non è quello di andare a ruota del Pubblico Ministero, anzi, spesso
ci troviamo noi, come stavo dicendo anche prima, a fare opposizione ad alcune
richieste di archiviazione che ci sembrano a volte veramente fuori dalla grazia
di Dio, ottenendo poi l’imputazione coatta. Per esempio, a Trapani, la
Presidente della LNDC Piera Rosati ha voluto che presenziassi personalmente ad
un’udienza camerale fissata a seguito della nostra opposizione alla richiesta
di archiviazione, perché il caso era per noi di estrema gravità: un signore un
giorno era andato al mare, aveva legato il proprio cane a una corda con una
pietra e lo aveva buttato in acqua; fortunatamente c’era una coppia di ragazzi
che stava facendo il bagno, avevano visto il cane che stava annaspando dopo
essersi liberato della corda, si erano tuffati e avevano tratto in salvo il
cane, che poi è stato anche adottato. Sentito l’indagato, quest’ultimo aveva
riferito che era andato a lavare il cane al mare verso gli scogli. Poi, dato
che il cane si agitava parecchio, a un certo punto lo stesso si era
attorcigliato alla corda la quale a sua volta era rimasta impigliata alla
pietra caduta in acqua. Però, visto che l’indagato - a suo dire - sapeva che il
suo cane se la sapeva cavare in tutte le situazioni, era tornato a casa
convinto che poi anche il cane sarebbe tornato. Queste sono state davvero le
dichiarazioni rese da quell’indagato, che il PM, nella sua richiesta di
archiviazione, aveva affermato di ritenere credibili. Ovviamente abbiamo fatto
opposizione alla richiesta di archiviazione e, poiché, a pena di inammissibilità,
si devono indicare ulteriori elementi di investigazione, io, in modo anche un
po’ sfrontato, ho chiesto una consulenza per verificare se una corda, da sola,
si poteva legare intorno a una pietra e contestualmente legare anche intorno a
un cane. Il GIP ha disposto direttamente l’imputazione coatta. Ma ho citato
questo caso per dire che spesso ci troviamo a dover faticare per arrivare a
ottenere dei risultati. A proposito delle richieste di archiviazione, la
settimana prossima, per esempio, si terrà a Trento la prima udienza che segue a
un’imputazione coatta nei confronti dell’ex Presidente della Provincia Autonoma
di Trento Ugo Rossi che diede l’incarico di abbattere l’orsa KJ2, a nostro
avviso, ed è sempre stata questa la nostra tesi, in assenza dei presupposti che
legittimassero l’ordine di uccisione di quell’orsa; anche lì ci fu la richiesta
di archiviazione e abbiamo convinto il GIP che non c’era alcuna necessità di
abbattere l’animale, tanto che ha disposto, come detto, l’imputazione coatta.
Spesso abbiamo anche la fortuna di
collaborare con consulenti che apportano importanti contributi in sede
processuale, per cui, quando arriviamo al processo, in vista della costituzione
di parte civile, depositiamo le nostre liste di testimoni e di consulenti,
perché sappiamo che sono spesso decisivi per la ricostruzione dei fatti.
Spesso ci avvaliamo di consulenti
veterinari. Esiste una disciplina che qualche decennio fa sarebbe stata proprio
inimmaginabile, che è la Medicina Veterinaria Forense. A Grosseto c’è il Centro
di Referenza Nazionale della Medicina Veterinaria Forense che è diretto dal
Dottor Rosario Fico, che in alcuni casi ho nominato come mio consulente. Questo
Centro è una specie di RIS come quello di Parma, però si occupa di crimini
contro gli animali. Quando c’è bisogno di fare un accertamento tecnico,
un’autopsia, loro dispongono di tutte le strumentazioni e spesso le loro
indagini scientifiche sono davvero fondamentali.
A proposito di indagini di tipo
scientifico, stiamo seguendo il caso dell’uccisione in Abruzzo di un orso da parte
di un agricoltore, che lamentava le continue depredazioni del suo pollaio da
parte di questo animale. La sui tesi è stata quella che una sera si è trovato
l’orso davanti e aveva il fucile in mano e preso da paura era indietreggiato, e
cadendo aveva sparato due colpi che avevano colpito l’animale mortalmente. In
primo grado l’imputato è stato assolto e anche in questo caso il Giudice ha ritenuto
credibili le parole dell’imputato. In appello stiamo cercando di ottenere un
ribaltamento della sentenza di primo grado, sulla base delle risultanze dell’autopsia
e della perizia balistica, e dunque sulla base di accertamenti che, ripeto,
sarebbero stati inimmaginabili anni fa. In base a queste le risultanze, che
sono state oggetto di approfondimento in appello mediante la rinnovazione
dell’esame del nostro consulente balistico, abbiamo acclarato che l’orso era
stato colpito di schiena e che la distanza tra chi ha sparato e l’orso era di circa
20 metri, non tale da poter da credito, a nostro avviso, alla tesi difensiva secondo
cui l’orso si era parato davanti all’imputato. Anche in questo processo, dunque, stiamo
cercando di supportare l’attività del Pubblico Ministero, nell’ottica di
ottenere una sempre maggiore tutela degli animali.
Poi c’è un’altra importante attività che
svolge la LNDC, ed è quella di prendere in custodia giudiziaria gli animali
sottoposti a sequestro. Qui si apre un altro capitolo gigantesco dell’attività
che svolgiamo, perché a volte penso che sia più agevole gestire la custodia di un
carico di materiale radioattivo che di animali vivi, specialmente quando si
tratta di numeri importanti. Il Corpo Forestale, ora confluito nell’Arma dei
Carabinieri, ha stimato che negli ultimi 20 anni sono stati sottoposti a
sequestro 30 mila animali tra quelli selvatici, quelli esotici e quelli
familiari. Solo nel caso di Green Hill sono stati sottoposti a sequestro oltre 2600
beagle in un colpo solo. Se non ci fossero state tutte le associazioni a
collaborare in quell’occasione sarebbe stato impossibile gestire le attività di
custodia degli animali. In quella circostanza si era fatto ricorso alla subdelega
delle attività di custodia e poi alla vendita degli animali agli affidatari
finali, sulla base della loro equiparazione ai beni deperibili. Quello è stato,
probabilmente, l’unico caso in cui le associazioni protezioniste hanno tollerato
l’equiparazione degli animali alle cose. Nel progetto di legge Perilli si
introduce, a tal proposito, l’istituto che, più correttamente, viene definito come
“affidamento definitivo” e siamo d’accordo con questa previsione contenuto nel
predetto progetto di legge. Tante volte i sequestri di animali creano dei
problemi applicativi importanti, innanzi tutto perché spesso non si trovano
strutture dove collocare gli animali, specialmente se si tratta ci animali
esotici. A Chieti, per esempio, abbiamo ottenuto il sequestro degli animali di
un’attività circense, il cui proprietario è poi stato condannato in via
definitiva per detenzione di animali con modalità non compatibili con le loro
caratteristiche etologiche. Tra gli animali sequestrati vi erano due alligatori
e ricordo che il Pubblico Ministero mi confidò di avere avuto enormi difficoltà
per la loro collocazione. Non c’era un bioparco in tutta Italia dove si
potevano tenere questi alligatori, che avevano, tra l’altro, le zampe
atrofizzate e dovevano essere sottoposti a degli interventi delicati; è stato
trovato un centro di recupero in Francia, e questo ha comportato la necessità
di tradurre ufficialmente tutta la documentazione. Poi, per ogni attività che
bisognava fare in relazione a questi animali, bisognava chiedere
l’autorizzazione al PM perché erano sotto sequestro ed ogni richiesta e la
relativa autorizzazione dovevano sempre essere tradotte ufficialmente. In ogni
caso, quando hai in custodia un animale sottoposto a sequestro, non ti puoi
prendere alcun tipo di libertà. Se l’animale deve essere sottoposto ad un
intervento di qualsiasi tipo che incide sulla sua integrità, questo deve essere
autorizzato dal PM.
Poi c’è il capitolo relativo alle spese di
custodia. A Trani qualche anno fa è stato sequestrato un canile dove gli
animali venivano tenuti in modo terribile. Nel canile c’erano circa 500 cani,
che sono stati quasi tutti dati in custodia alla Lega per la Difesa del Cane. Gestire
un sequestro di 500 cani che devono essere tutti i giorni alimentati e curati è
davvero difficile, soprattutto se si tratta, come succede in questi casi, di
animali diventati problematici per il modo in cui sono stati tenuti. Noi siamo
riusciti, anche grazie alla nostra rete capillare di sedi e di attivisti, a
trovare una collocazione per quasi tutti questi cani, ma abbiamo maturato spese
vive per la loro gestione superiori a 300 mila euro, di cui una parte sono
state rimborsate dai Comuni, che erano proprietari della maggior parte degli
animali. Ma poi c’era una parte di quei cani che non erano microchippati e
dunque non erano formalmente intestati a nessuno. Tra l’altro, nel capo
d’imputazione, i gestori di questo canile sono imputati anche di truffa ai
danni dei Comuni perché avrebbero, uso il condizionale non essendoci ancora una
sentenza di primo grado, trasferito il microchip di cani deceduti su cani non
microchippati. In definitiva, c’era un importante numero di cani non di
competenza delle amministrazioni, le quali non hanno dunque pagato per le spese
di custodia per quegli animali, e ci siamo permessi di chiedere il rimborso
delle spese alla Procura, perché era stata quest’ultima a darci l’incarico di
custodirli. Stiamo ancora aspettando,
dopo diversi anni, un rimborso di oltre centomila euro. Non ci sono peraltro
tabelle, non ci sono tariffe per le spese di custodia degli animali. Ci sono
stati persino dei provvedimenti stravaganti di alcuni Magistrati: in un caso un
Magistrato ha liquidato le spese di custodia tenendo come riferimento le
tabelle per la custodia degli automezzi basata sul loro ingombro. Succede anche
questo!
Di provvedimenti non condivisibili in
questa materia ce ne sono, purtroppo, davvero tanti. Ultimamente è successo a
Brindisi che hanno sequestrato dei maiali che erano tenuti in modo indecoroso
da un allevatore che poi li macellava abusivamente. E’ stato aperto un
procedimento, in cui viene contestato all’allevatore, tra i vari reati, anche quello
di cui al secondo comma dell’art. 727 c.p., cioè la detenzione di animali con
modalità non compatibili con le loro caratteristiche etologiche. La ASL ha
evidenziato la pericolosità di questi animali per la salute umana, non essendo
stati allevati seguendo le corrette procedure e ne ha richiesto la “termodistruzione”.
Il Pubblico Ministero ha conseguentemente disposto la “distruzione delle cose
in sequestro”. Abbiamo fatto una richiesta in via urgentissima chiedendo di
poterli prendere noi in affidamento questi ventuno maiali, essendo noi
collegati a centri di recupero di animali salvati dalla macellazione
(cosiddetti “santuari”) e nella richiesta ho evidenziato la contraddizione in
cui si stava incorrendo, perché nello stesso procedimento in cui si perseguiva
l’autore di una condotta di maltrattamento o comunque di mancato rispetto delle
esigenze etologiche di quei maiali, questi ultimi finivano con l’essere
destinatari, da parte della stessa magistratura, di un ordine di “distruzione”.
Questa è la dizione normativa, anche se si tratta di animali, e la cosa ci è
sembrata inaccettabile. Queste sono le battaglie che portiamo avanti ogni
giorno.
La cosa bella del lavoro che mi trovo a
svolgere è che spesso mi imbatto in vuoti normativi, che poi vengono colmati
dalle sentenze che otteniamo e che a volte vengono prese come riferimento anche
per delle riforme di tipo normativo. Questo rende il mio lavoro davvero molto
stimolante. Si ha la sensazione non solo di cercare di fare qualche cosa di
buono, ma anche di contribuire a creare una nuova giurisprudenza e questo, per
chi svolge il lavoro di Avvocato, è davvero una cosa molto gratificante.
Grazie.
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