domenica 17 maggio 2020

DIRITTI UMANI E DIRITTI DEGLI ANIMALI. UNA NUOVA PROSPETTIVA PER LO IUS ANIMALIUM (saggio pubblicato sulla rivista PQM n. II/2019


Quando, circa venti anni fa, proposi alla professoressa Maria Gabriella Esposito, docente di Filosofia del Diritto all’Università degli Studi di Teramo, una tesi sulla tutela giuridica degli animali, la stessa si mostrò interessata a questa tematica e mi assegnò il seguente titolo: “Il diritto degli animali”.
Quel titolo, all’epoca, non mi piaceva tanto. Mi sembrava poco preciso dal punto di vista giuridico, in quanto pensavo che non fosse corretto parlare di “diritto degli animali”, non ritenendo questi ultimi soggetti di diritto. All’epoca il punto di arrivo delle riflessioni sul rapporto uomo-altri animali mi sembrava ben condensato nei precetti della cosiddetta “etica della responsabilità”, secondo cui il nostro compito deve essere quello di prenderci cura degli animali, essendo questi ultimi capaci di sofferenza, benché privi di soggettività giuridica. Sul piano giuridico, tali posizioni possono ritenersi chiaramente esposte nella relazione presentata dal primo presidente della Corte di Cassazione Ernesto Eula al convegno organizzato nel 1961 dal titolo Gli italiani e la natura, in cui il predetto magistrato parlò di “una somma di doveri per gli uomini” nei confronti degli animali. Questi ultimi, pur privi di soggettività giuridica, non potevano essere visti come semplici cose e pertanto si doveva riconoscere loro “un diritto di rispetto, di umana comprensione, di moderazione negli usi”[1].
Come noto, un grande impulso ad una radicale revisione del modo di vedere il rapporto uomo-animali è stato dato dalle teorie, elaborate a partire dagli anni 70 del secolo scorso, da Peter Singer e Tom Regan, che hanno definitivamente messo da parte l’approccio di tipo caritatevole tipico delle originarie, primordiali battaglie per migliorare, già agli inizi del ‘900, le condizioni di vita degli animali. Peter Singer è un filosofo australiano, autore del celebre testo “Liberazione animale”, che fa leva sulla capacità degli animali di soffrire per farne discendere il nostro dovere di sottrarli da ogni forma di inflizione del dolore[2]. Tom Regan è un filosofo statunitense, che ha concentrato la sua attenzione sul fatto che ogni animale non solo può provare dolore, ma è “soggetto di una vita”, la quale ha valore di per sé[3], e su questo approccio di tipo giusnaturalista ha fondato la sua etica di rispetto per tutti gli animali “al di là di qualsiasi discriminazione”[4].

domenica 5 aprile 2020

Il ruolo delle associazioni e la costituzione nel giudizio penale degli enti protezionistici - Estratto dagli atti del convegno del 17/2/20 - Aula Magna Ca' Dolfin, Venezia


(pubblicato sul Bollettino n. 1/2020 speciale della Camera Penale Veneziana)

Grazie, Monica. Ringrazio la Camera Penale Veneziana, l’Ordine degli Avvocati di Venezia e tutti quelli che hanno organizzato questo interessante convegno.
Per me è veramente un privilegio essere qui e lo dico non come frase di circostanza, perché gli argomenti di cui ci stiamo occupando mi hanno sempre interessato sin dai tempi dei miei studi universitari. Io mi sono laureato con una tesi sui diritti degli animali negli anni Novanta, quando non era così facile poter parlare di questi argomenti, anzi, all’epoca era certamente considerata come stravagante una tesi di quel genere. Poi ho continuato, sia come attivista e sia come Avvocato, ad occuparmi di queste tematiche e da una decina d’anni a questa parte sono il coordinatore dell’Ufficio Legale Nazionale della Lega per la Difesa del Cane. Seguiamo tutti i giorni casi come quelli di cui abbiamo sinora parlato, anzi, rispondo alla collega che voleva sapere che fine avesse fatto quel processo sull’uccisione dei 750 topolini in un istituto di ricerca abruzzese, che è uno di quelli che stiamo seguendo: la discussione ci sarà questo giovedì. Il processo si sta svolgendo davanti al Tribunale di Lanciano e il Giudice lo sta istruendo con grandissima attenzione. E’ entrato nel dettaglio di ogni questione, ha convocato ai sensi dell’articolo 507 c.p.p. anche alcuni stabularisti per cercare di capire in concreto chi avesse dato l’ordine di soppressione di questi 750 topi. Si è evidenziato in quel processo come in altri istituti di ricerca viene seguita la prassi, che poi è prevista dalle normative di settore, di cercare una ricollocazione per gli animali che non vengono utilizzati negli esperimenti, e questa prassi non era stata seguita. L’unica preoccupazione è sembrata essere quella di tipo economico. Quindi confidiamo anche in una sentenza di condanna.
E’ un osservatorio importante quello che abbiamo noi, perché, con un’associazione che ha cento sedi in Italia, riceviamo ogni giorno segnalazioni di fatti gravi che riguardano abusi sugli animali. Facciamo le nostre denunce e successivamente ci costituiamo parte civile nei processi. Ma non è solo questa la nostra attività. Questa attiene a quello che posso definire un po’ il lato patologico del nostro lavoro, e cioè quello che dobbiamo svolgere quando purtroppo non siamo riusciti, nonostante le tante iniziative che poniamo in campo tutti i giorni, ad arginare fenomeni di violenza contro gli animali. Credo che questi argomenti avranno sempre maggiore attenzione perché, seguendo casi di questo tipo ogni giorno, vedo che la sensibilità nei confronti degli animali è sempre maggiore. Non escludo che si arrivi anche a una vera e propria codificazione organica sul diritto degli animali, cioè ad un codice che metta insieme le varie norme, che oggi sono sparse nell’ordinamento civile, penale, amministrativo, e che se ne faccia addirittura anche materia di insegnamento universitario. E’ successo in realtà anche in altri settori: il diritto della navigazione non esisteva come materia di insegnamento fino alla metà del secolo scorso. Poi, con l’intensificarsi dei traffici commerciali, il giurista Antonio Scialoja ha avuto l’intuizione di unire le varie norme, penali, amministrative, civilistiche, che erano sparse nell’ordinamento e che riguardavano il diritto della navigazione, e il suo lavoro ha poi portato alla formazione del “Codice della Navigazione”. Da lì è nata anche la relativa materia di insegnamento universitario.
Peraltro, ad Harvard già si insegna animal law. I Paesi anglosassoni hanno una maggiore facilità ad adattarsi ai mutamenti della sensibilità collettiva, anche perché il loro ordinamento giuridico è basato maggiormente sui precedenti giurisprudenziali e questo li rende un po’ più al passo con i tempi. Noi ci mettiamo un po’ più di tempo ad adeguarci, dal punto di vista normativo, alle nuove sensibilità collettive, però poi abbiamo, per converso, delle codificazioni più strutturate e più approfondite. Facendo una comparazione devo dire che non siamo messi malissimo sulle norme che tutelano gli animali, ma ovviamente dobbiamo ancora fare molta strada per assicurare loro una tutela davvero adeguata.