Tra gli episodi più gravi del recente passato vi è
l’uccisione dell’orso di Pettorano sul Gizio nel 2014, che l’associazione
Salviamo l’Orso ha seguito sin dall’inizio e la cui vicenda giudiziaria si è
conclusa con la condanna al risarcimento del danno in capo all’autore di questo
crimine. Quest’ultimo si era difeso in giudizio sostenendo di aver dovuto
sparare per difendersi dall’aggressione dell’orso, colto in flagranza mentre
stava predando il suo pollaio. In primo grado il Giudice del Tribunale di Sulmona
aveva creduto a questa tesi difensiva, che è stata poi sconfessata in appello
grazie al riesame della consulenza balistica, che ha acclarato che non vi era
stata alcuna legittima difesa, ma piuttosto una deliberata uccisione dell’orso colpito
da dietro mentre si stava allontanando dal pollaio.
In quel caso non vi è stata una condanna penale in quanto il
giudizio di appello è stato promosso dalle parti civili e l’appello del
Pubblico Ministero per motivi processuali è stato dichiarato inammissibile.
Tuttavia, si è trattato di un verdetto storico perché per la prima volta vi è
stata una condanna in un processo indiziario per l’uccisione di un animale
basata su prove di tipo scientifico e l’associazione Salviamo l’Orso ha poi
perseguito l’autore del crimine con un’azione esecutiva civile che continua
tuttora a dare i suoi frutti.
Confidiamo che anche nel processo che dovrà aprirsi per la
morte di Amarena le indagini scientifiche possano consentire di ricostruire
esattamente la dinamica dell’uccisione, anche perché le indagini autoptiche e
quelle balistiche sono state affidate agli stessi periti che avevano lavorato sul
caso di Pettorano con indubbia competenza.
Ciò che difetta, purtroppo, è un adeguato sistema
sanzionatorio. Il reato che probabilmente sarà contestato all’esito delle
indagini è quello di cui all’art. 544 bis c.p., che prevede la pena fino a due
anni di reclusione per l’uccisione di animali. Sono molti gli strumenti
processuali che rendono difficilmente scontabile in concreto una pena così
blanda. Peraltro, il codice penale contiene una specifica norma per l’uccisione
di un esemplare di specie di fauna selvatica protetta (come l’orso) che prevede
una pena massima addirittura inferiore a quella sopra menzionata e cioè la pena
fino a sei mesi di arresto. E’ importante che si acceleri l’iter dei disegni di
legge che prevedono un generale inasprimento delle pene per l’uccisione degli
animali e l’aggravamento delle pene nel caso si tratti di fauna particolarmente
protetta. Sul punto vi è anche una proposta formalizzata dall’onorevole Pagano
per elevare la pena per l’uccisione di esemplari di orso marsicano fino a due
anni di arresto oltre all’ammenda fino a 10.000 euro, presentata proprio a
seguito della vicenda dell’orsa Amarena, che andrebbe rivista nell’ambito di un
generale inasprimento del sistema sanzionatorio.
L’associazione Salviamo l’Orso, che ha sporto denuncia
insieme alle altre maggiori associazioni nazionali di protezione animale per
l’uccisione di Amarena, ha recentemente depositato delle memorie con le quali,
per ottenere una risposta sanzionatoria adeguata, ha chiesto al PM di Avezzano
Maurizio Maria Cerrato di voler ravvisare in questo terribile crimine anche gli
estremi del furto venatorio, contestabile nei casi di abbattimento di fauna
selvatica commessi da persona non munita di licenza di caccia, nonché gli estremi del reato di cui all’articolo
452 bis c.p., che punisce con la reclusione da due a sei anni e con la multa da
euro 10.000 a euro 100.000 quelle condotte abusive di “compromissione” o
“deterioramento” significativi e misurabili di un ecosistema, della
biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna.
Ed invero, la scomparsa dell’orsa Amarena, oltre a mettere in
pericolo la vita dei suoi giovani cuccioli, privati della loro madre con gravi
rischi per la loro stessa sopravvivenza, ha causato la perdita di una delle
femmine più prolifiche della storia recente della popolazione di orso marsicano.
Il Rapporto orso marsicano del 2022 riferisce che qualsiasi
variazione nel numero di femmine che si riproducono ogni anno può influire
drasticamente sull’andamento della popolazione. Nel Rapporto si legge inoltre
che “(..) il tasso riproduttivo delle femmine di orso bruno marsicano, ossia il
numero medio di piccoli che una madre riesce ad allevare ogni anno, è pari
soltanto a 0.18, uno tra i più bassi noti in Europa e non solo”. Se la
sopravvivenza media delle femmine o i tassi riproduttivi non aumenteranno nel
futuro, è possibile, pertanto, che questa popolazione rimarrà estremamente
ridotta e addirittura a rischio di estinzione. E’ evidente, pertanto, il danno
ambientale conseguente all’uccisione di Amarena.
L’associazione Salvamo l’Orso, unitamente alle altre
associazioni costituitesi come persone offese, si è insomma attivata per
sostenere che l’uccisione di Amarena abbia integrato una pluralità di
fattispecie penalmente rilevanti, coinvolgendo altrettanti beni giuridici lesi
dalla condotta: il sentimento per gli animali, il patrimonio dello Stato e
l’ambiente inteso nella sua accezione unitaria. E se è vero che è dovere delle
collettività e delle loro amministrazioni non danneggiare il bene ambientale,
ma anzi tutelarlo e promuoverne la valorizzazione, con l’uccisione di Amarena
emerge con tutta evidenza che deve sussistere un analogo dovere anche in capo
ai singoli i quali, in caso di violazione del dovere di tutela dell’ambiente e
degli animali che vi fanno parte, devono finalmente essere destinatari di pene
severe e proporzionate alla gravità del fatto commesso.