L’evolversi
dei rapporti con gli animali porta inevitabilmente con sé l’esigenza di
disciplinare in maniera puntuale ciò che prima non aveva ragione di essere
regolamentato.
Sono
infatti ben 4 italiani su 10 coloro che scelgono di vivere con un animale
domestico. Nonostante la crisi, la spesa per gli alimenti per cani e gatti in
Italia è salita del 2,1% nel 2014, per un totale di un miliardo e 735 milioni
di euro di fatturato. Dunque molta acqua è passata da quando il tema del
rapporto uomo/animali domestici era considerato completamente marginale, ed il
fatto che, ad esempio, presso l’IZS del Lazio e della Toscana sia stato
istituito un Centro di referenza nazionale per la medicina veterinaria forense,
una specie di RIS per i crimini contro gli animali, la dice lunga su quanta
strada sia stata fatta dalle prime sentenze che, sotto la vigenza della vecchia
ipotesi contravvenzionale dell’art. 727 del codice penale, cominciavano a
riconoscere agli animali la qualità di “esseri senzienti”, cioè capaci di
provare gioia e dolore, e pertanto meritevoli di tutela da parte del nostro
ordinamento, concetti ormai scontati.
Sul
piano giuridico, ma anche etico, la frontiera che oggi abbiamo di fronte è
quella della soggettività da riconoscere agli animali, i quali, se non sono
veri e propri “soggetti di diritto”, non sono neppure semplici “cose”.