In questo inizio d’estate, noi che da tanti anni ci occupiamo di diritti degli animali ci stiamo prendendo alcune soddisfazioni.
Poche settimane fa è stata approvata una legge che, riformando il codice della strada, sanziona l’omissione di soccorso agli animali rimasti coinvolti in un incidente stradale. Prima li si poteva lasciare agonizzanti per strada, non c’era alcuna sanzione. Le guardie zoofile sono dotate di un riconoscimento istituzionale sempre maggiore, ed il nostro Ministro del Turismo sta promuovendo le strutture che consentono ai proprietari di animali di portarli in vacanza con loro e sta incentivando nel mondo l’immagine di una Italia “animal friendly”.
Io non penso che si tratti di una moda, come si ritiene a Teheran da parte di chi ha lanciato la fatwa contro i cani, che non si dovrebbero né tenere in casa e né portare a passeggio.
Credo, invece, che si stia cominciando a infrangere quel tabù che una cultura millenaria, stratificatasi ad opera del pensiero dominante della nostra storia filosofico - religiosa, ha radicato nelle nostre teste, e che ha voluto costruire una barriera tra noi e gli altri animali.
Non sono state sufficienti le teorie evoluzionistiche a squarciare questo velo di Maya. L’evoluzionismo ci ha insegnato non che l’uomo discende dagli animali, ed in particolare dalle scimmie, come sentiamo spesso ripetere, ma che l’uomo è un animale, appartiene alla stessa famiglia, che si è evoluta secondo percorsi differenziati, a seconda delle esigenze imposte dall’adattamento.La Chiesa, come al suo solito, ha a lungo negato la validità scientifica del principio evoluzionista, perché contrastava con quello creazionista, con la storia - cioè - di Adamo ed Eva. Tuttavia devo dire che anche negli ambienti ecclesiastici hanno cominciato a ritenere opportuno conciliare il creazionismo con l’evoluzionismo. Secondo una recente interpretazione della Genesi, Dio avrebbe creato l’uomo non all’istante, bensì mediante un progresso evoluzionistico dallo stesso voluto.
Ma rimane un problema, e cioè l’anima, di cui gli animali non sono dotati, mentre l’uomo sì. E allora il problema è il seguente: qual è il momento esatto in cui dalla scimmia senz’anima viene fuori l’uomo con tutti i crismi, anima compresa?
Io, personalmente, non sono ateo, e credo nell’esistenza dell’anima. Però penso che ce l’abbiano anche gli animali. Anzi, parafrasando un celebre aforisma di Schopenhauer, credo che l’anima può essere negata agli animali solo da parte di chi non ce l’ha.
L’aforisma originale dice: “L’intelligenza può essere negata agli animali solo da parte di chi ne ha poca”. Ed i cani hanno intelligenza da vendere, questo ci insegnano finalmente l’etologia e la zooantropologia.
Fino a non molti anni fa, in una società agricola, i cani erano tenuti tutta la vita alla catena con la funzione dell’allarme di casa, senza consentire alcun momento di passeggio e di contatto con quelli che nella casa ci abitavano.
Questo dizionario ci aiuta a capire quanta violenza sia indirizzata al cane attraverso questo comportamento. Non si tratta solo della solitudine di quegli animali (e oggi ancora tanti cani sono trattati in questo modo), così come ce la possiamo rappresentare noi umani. Nei cani l’esplorazione, soprattutto attraverso l’olfatto, è fondamentale per avere una vita gratificante. Ecco perché i cani che passano tutta la vita in un box o alla catena iniziano a porre in essere dei comportamenti definiti di autogrooming, e cioè di pulizia eccessiva del mantello, fino a provocarsi delle ferite da leccamento. La loro sofferenza è enorme, perché il cane ha bisogno di esplorare il mondo e sentirsi parte di una squadra, in ogni momento. Questa è la sua natura di essere socievole.
E bisogna dire che è un luogo comune quello di ritenere che il cane deve obbedire all’uomo, che riconosce come capobranco. Infatti, nella testa del cane non c’è il concetto di dominanza, che invece è tipicamente umano. Il ruolo del capobranco non è quello di dare ordine, ma di coordinare l’attività del gruppo con spirito di servizio. Magari avessero un briciolo di tale spirito molti degli uomini che ci governano! Pertanto, quando il cane obbedisce a quelli che noi riteniamo essere dei “comandi”, come quello di stare seduto, in realtà sta solo collaborando, non sta obbedendo.
Per converso, si possono creare dei problemi al cane anche attraverso quello che noi riterremmo essere comportamenti amorevoli, e invece per il cane sono fonte di fastidi o di veri e propri disturbi. Infatti spesso i cani che vivono dentro casa sono amorevolmente viziati dai padroni, che in questo modo però finiscono per far credere al cane che è lui ad avere il ruolo del caposquadra. Per esempio, se gliele facciamo vincere tutte, se lasciamo che sia lui a uscire dalla porta prima di noi e a guidarci durante la passeggiata, lui penserà di essere il capobranco. E per il cane questo ruolo non è che sia così gratificante, perché si sente in dovere di coordinare la vita del gruppo, e soffre se poi questa funzione, con altri atteggiamenti che per lui sono contraddittori, non gli viene riconosciuta.
Dunque siamo noi che dobbiamo imparare il linguaggio del cane, abituarci a lasciarlo annusare gli odori che trova lungo la passeggiata, e che costituiscono per lui il giornale del quartiere, dobbiamo abituarci a non tirare il guinzaglio quando incontra altri cani, ma a lasciarlo libero di interagire. Se lo rimproveriamo per una cosa sbagliata, e lui mostra segni di pacificazione, come abbassare le orecchie, non dobbiamo insistere con il tono di rimprovero, perché il cane a quel punto non ci capisce più niente. Peraltro per il cane la punizione peggiore è il nostro disinteresse. Se ha fatto una cosa sbagliata e subito dopo noi non gli diamo attenzione, è certo che non ripeterà quel comportamento. Perché nulla è più importante per il cane che interagire con noi. E da questo rapporto noi umani abbiamo da arricchirci tanto.
Il dizionario è completato da un’appendice normativa, anch’essa del tutto originale, perché è strutturata come un glossario, dalla A di addestramento e anagrafe canine fino alla V di viaggio con il cane, assolutamente attuale viste le iniziative del Ministro del Turismo Michele Brambilla a cui ho fatto sopra riferimento.
Ma io vorrei chiudere questo mio intervento proprio con le righe iniziali dell’introduzione di Marchesini, laddove si legge: “Facce della stessa medaglia poetica e unica ode alla vita, uomo e cane si sono plasmati vicendevolmente, l’uno ha domesticato l’altro”. Ebbene, sarà forse perché in questa frase vi sono le parole “ode” e “poetica”, ma è me è venuta subito in mente la poesia “Ode al cane” di Pablo Neruda. E poiché in questa meravigliosa poesia sono racchiusi magicamente tutti i concetti di cui andiamo parlando, ve la leggo volentieri:
Poche settimane fa è stata approvata una legge che, riformando il codice della strada, sanziona l’omissione di soccorso agli animali rimasti coinvolti in un incidente stradale. Prima li si poteva lasciare agonizzanti per strada, non c’era alcuna sanzione. Le guardie zoofile sono dotate di un riconoscimento istituzionale sempre maggiore, ed il nostro Ministro del Turismo sta promuovendo le strutture che consentono ai proprietari di animali di portarli in vacanza con loro e sta incentivando nel mondo l’immagine di una Italia “animal friendly”.
Io non penso che si tratti di una moda, come si ritiene a Teheran da parte di chi ha lanciato la fatwa contro i cani, che non si dovrebbero né tenere in casa e né portare a passeggio.
Credo, invece, che si stia cominciando a infrangere quel tabù che una cultura millenaria, stratificatasi ad opera del pensiero dominante della nostra storia filosofico - religiosa, ha radicato nelle nostre teste, e che ha voluto costruire una barriera tra noi e gli altri animali.
Non sono state sufficienti le teorie evoluzionistiche a squarciare questo velo di Maya. L’evoluzionismo ci ha insegnato non che l’uomo discende dagli animali, ed in particolare dalle scimmie, come sentiamo spesso ripetere, ma che l’uomo è un animale, appartiene alla stessa famiglia, che si è evoluta secondo percorsi differenziati, a seconda delle esigenze imposte dall’adattamento.La Chiesa, come al suo solito, ha a lungo negato la validità scientifica del principio evoluzionista, perché contrastava con quello creazionista, con la storia - cioè - di Adamo ed Eva. Tuttavia devo dire che anche negli ambienti ecclesiastici hanno cominciato a ritenere opportuno conciliare il creazionismo con l’evoluzionismo. Secondo una recente interpretazione della Genesi, Dio avrebbe creato l’uomo non all’istante, bensì mediante un progresso evoluzionistico dallo stesso voluto.
Ma rimane un problema, e cioè l’anima, di cui gli animali non sono dotati, mentre l’uomo sì. E allora il problema è il seguente: qual è il momento esatto in cui dalla scimmia senz’anima viene fuori l’uomo con tutti i crismi, anima compresa?
Io, personalmente, non sono ateo, e credo nell’esistenza dell’anima. Però penso che ce l’abbiano anche gli animali. Anzi, parafrasando un celebre aforisma di Schopenhauer, credo che l’anima può essere negata agli animali solo da parte di chi non ce l’ha.
L’aforisma originale dice: “L’intelligenza può essere negata agli animali solo da parte di chi ne ha poca”. Ed i cani hanno intelligenza da vendere, questo ci insegnano finalmente l’etologia e la zooantropologia.
Fino a non molti anni fa, in una società agricola, i cani erano tenuti tutta la vita alla catena con la funzione dell’allarme di casa, senza consentire alcun momento di passeggio e di contatto con quelli che nella casa ci abitavano.
Questo dizionario ci aiuta a capire quanta violenza sia indirizzata al cane attraverso questo comportamento. Non si tratta solo della solitudine di quegli animali (e oggi ancora tanti cani sono trattati in questo modo), così come ce la possiamo rappresentare noi umani. Nei cani l’esplorazione, soprattutto attraverso l’olfatto, è fondamentale per avere una vita gratificante. Ecco perché i cani che passano tutta la vita in un box o alla catena iniziano a porre in essere dei comportamenti definiti di autogrooming, e cioè di pulizia eccessiva del mantello, fino a provocarsi delle ferite da leccamento. La loro sofferenza è enorme, perché il cane ha bisogno di esplorare il mondo e sentirsi parte di una squadra, in ogni momento. Questa è la sua natura di essere socievole.
E bisogna dire che è un luogo comune quello di ritenere che il cane deve obbedire all’uomo, che riconosce come capobranco. Infatti, nella testa del cane non c’è il concetto di dominanza, che invece è tipicamente umano. Il ruolo del capobranco non è quello di dare ordine, ma di coordinare l’attività del gruppo con spirito di servizio. Magari avessero un briciolo di tale spirito molti degli uomini che ci governano! Pertanto, quando il cane obbedisce a quelli che noi riteniamo essere dei “comandi”, come quello di stare seduto, in realtà sta solo collaborando, non sta obbedendo.
Per converso, si possono creare dei problemi al cane anche attraverso quello che noi riterremmo essere comportamenti amorevoli, e invece per il cane sono fonte di fastidi o di veri e propri disturbi. Infatti spesso i cani che vivono dentro casa sono amorevolmente viziati dai padroni, che in questo modo però finiscono per far credere al cane che è lui ad avere il ruolo del caposquadra. Per esempio, se gliele facciamo vincere tutte, se lasciamo che sia lui a uscire dalla porta prima di noi e a guidarci durante la passeggiata, lui penserà di essere il capobranco. E per il cane questo ruolo non è che sia così gratificante, perché si sente in dovere di coordinare la vita del gruppo, e soffre se poi questa funzione, con altri atteggiamenti che per lui sono contraddittori, non gli viene riconosciuta.
Dunque siamo noi che dobbiamo imparare il linguaggio del cane, abituarci a lasciarlo annusare gli odori che trova lungo la passeggiata, e che costituiscono per lui il giornale del quartiere, dobbiamo abituarci a non tirare il guinzaglio quando incontra altri cani, ma a lasciarlo libero di interagire. Se lo rimproveriamo per una cosa sbagliata, e lui mostra segni di pacificazione, come abbassare le orecchie, non dobbiamo insistere con il tono di rimprovero, perché il cane a quel punto non ci capisce più niente. Peraltro per il cane la punizione peggiore è il nostro disinteresse. Se ha fatto una cosa sbagliata e subito dopo noi non gli diamo attenzione, è certo che non ripeterà quel comportamento. Perché nulla è più importante per il cane che interagire con noi. E da questo rapporto noi umani abbiamo da arricchirci tanto.
Il dizionario è completato da un’appendice normativa, anch’essa del tutto originale, perché è strutturata come un glossario, dalla A di addestramento e anagrafe canine fino alla V di viaggio con il cane, assolutamente attuale viste le iniziative del Ministro del Turismo Michele Brambilla a cui ho fatto sopra riferimento.
Ma io vorrei chiudere questo mio intervento proprio con le righe iniziali dell’introduzione di Marchesini, laddove si legge: “Facce della stessa medaglia poetica e unica ode alla vita, uomo e cane si sono plasmati vicendevolmente, l’uno ha domesticato l’altro”. Ebbene, sarà forse perché in questa frase vi sono le parole “ode” e “poetica”, ma è me è venuta subito in mente la poesia “Ode al cane” di Pablo Neruda. E poiché in questa meravigliosa poesia sono racchiusi magicamente tutti i concetti di cui andiamo parlando, ve la leggo volentieri:
Il cane mi domanda e non rispondo.
Salta, corre pei campi e mi domanda senza parlare
e i suoi occhi sono due richieste umide, due fiamme liquide che interrogano
e io non rispondo, non rispondo perché non so, non posso dir nulla.
In campo aperto andiamo uomo e cane.
Brillano le foglie come se qualcuno le avesse baciate a una a una,
sorgono dal suolo tutte le arance
a collocare piccoli planetari su alberi rotondi come la notte, e verdi,
e noi, uomo e cane, andiamo a fiutare il mondo,
a scuotere il trifoglio, nella campagna cilena, fra le limpide dita di settembre.
Il cane si ferma, insegue le api, salta l'acqua trepida,
ascolta lontanissimi latrati, orina sopra un sasso,
e mi porta la punta del suo muso, a me, come un regalo.
E' la sua freschezza affettuosa, la comunicazione del suo affetto,
e proprio lì mi chiese con i suoi due occhi, perchè e' giorno, perchè verrà la notte,
perchè la primaveranon portò nella sua canestra nulla per i cani randagi,
tranne inutili fiori, fiori, fiori e fiori.
E così m'interroga il cane e io non rispondo.
Andiamo uomo e cane uniti dal mattino verde,
dall'incitante solitudine vuota nella quale solo noi esistiamo,
questa unità fra cane con rugiada e il poeta del bosco,
perchè non esiste l'uccello nascosto, ne' il fiore segreto,
ma solo trilli e profumi per i due compagni:
un mondo inumidito dalle distillazioni della notte,
una galleria verde e poi un gran prato,
una raffica di vento aranciato,il sussurro delle radici,
la vita che procede, e l'antica amicizia,
la felicità d'essere cane e d'essere uomo trasformata in un solo animale
che cammina muovendo sei zampe
e una coda con rugiada.