Quando parliamo di sperimentazione animale stiamo facendo riferimento ad una pratica appartenente al passato remoto della storia dell’uomo, incredibilmente sopravvissuta fino ai giorni nostri. Poteva avere un senso, questa pratica, allorquando si cercava di studiare la morfologia degli animali e di compararla a quella degli uomini. Ma stiamo parlando di un’epoca ante Cristo, dei tempi del Corpus Hippocraticum e dei Procedimenti anatomici di Galeno. Oggi questa pratica ha perduto ogni parvenza di scientificità, ed è solo una delle tante testimonianze di come l’uomo ritiene di poter disporre della vita degli animali, come se ne fosse il padrone.
Non è un caso che il primo sostenitore della pratica vivisettoria fu Aristotele, che ne fece oggetto di un trattato, intitolato Parti degli animali. Chi si occupa dell’impianto filosofico che sostiene la battaglia per i diritti degli animali si trova spesso a citare Aristotele come uno dei pensatori che ha maggiormente influito nel creare una barriera tra noi e gli animali. Lui pensava che la società fosse costruita come una piramide, al cui vertice si trovava l’uomo adulto ellenico. Ai piani inferiori vi erano, via via, gli uomini non ellenici, le donne, gli schiavi, fino ad arrivare agli animali. Ed era un bene – secondo lui – che gli esseri superiori potessero disporre di quelli inferiori, perché ciò avrebbe avvantaggiato questi ultimi. Qui si pongono i primi mattoni di quella barriera che è stata eretta tra noi e gli altri animali.
Non è un caso che il primo sostenitore della pratica vivisettoria fu Aristotele, che ne fece oggetto di un trattato, intitolato Parti degli animali. Chi si occupa dell’impianto filosofico che sostiene la battaglia per i diritti degli animali si trova spesso a citare Aristotele come uno dei pensatori che ha maggiormente influito nel creare una barriera tra noi e gli animali. Lui pensava che la società fosse costruita come una piramide, al cui vertice si trovava l’uomo adulto ellenico. Ai piani inferiori vi erano, via via, gli uomini non ellenici, le donne, gli schiavi, fino ad arrivare agli animali. Ed era un bene – secondo lui – che gli esseri superiori potessero disporre di quelli inferiori, perché ciò avrebbe avvantaggiato questi ultimi. Qui si pongono i primi mattoni di quella barriera che è stata eretta tra noi e gli altri animali.
Questa barriera, come tante altre che costruiamo nei confronti di chi ritieniamo “diversi”, è in realtà fragile. E difatti, ogni qualvolta si verifichi che i rapporti di forza si vengono a ribaltare, siamo subito pronti ad abbatterle, queste barriere. Ogni anno vengono fatti milioni di test dalle industrie farmaceutiche per verificare la nocività di prodotti medicinali, e milioni sono gli animali che muoiono inutilmente, perché ormai tutti gli studi scientifici sono concordi nel ritenere che i test sugli animali hanno una validità minima per controllare la nocività di un medicinale per un uomo. Normalmente le medicine vengono testate su specie differenti, e le industrie farmaceutiche utilizzano i risultati migliori per ottenere le autorizzazioni alle immissioni sul mercato. Se però, poi, accade che quelle medicine provocano danni agli uomini, partono le guerre contro le industrie farmaceutiche. Quando “noi”, per sbaglio, ci troviamo ad essere “loro”.
Il rapporto “noi/loro”, a ben vedere è il motore di tutta la fantascienza, e sta alla base anche di un interessante esperimento mentale proposto da Desmond Stewart nel racconto “Vennero i Troog e dominarono la Terra”. I Troog sono extraterrestri molto più intelligenti e potenti di noi che, dopo essere sbarcati sulla terra ed averne preso possesso, "giustamente", secondo la nostra stessa visione del mondo dominante, iniziano a trattare gli uomini come noi trattiamo gli animali. Quelli più spietati e veloci come ausilio per la caccia di quelli più timidi e spaventati, quelli più graziosi come animali da compagnia, altri più propensi a produrre carni gustose come animali per allevamento in batteria e gli esempi potrebbero continuare all'infinito con la vivisezione, i circhi, gli zoo, ecc. Perché questa è la condizione attuale degli animali.
Le associazioni che si occupano dei diritti degli animali considerano l'abolizione della sperimentazione animale fra i propri obiettivi principali, innanzi tutti per motivi etici, ma anche per motivi scientifici. Molti medici sostengono che la sperimentazione sugli animali sia scientificamente inefficace e potenzialmente sostituibile con altri metodi.
Diversi studi (Roberts et al. 2002; Pound et al. 2004) hanno evidenziato una debolissima correlazione tra studi pre-clinici e benefici finali in campo clinico, notando come in molti casi i risultati della ricerca sugli animali fossero da considerarsi irrilevanti.
Le critiche alla validità dei modelli animali come CAM (causal analog models, modelli causali analoghi) hanno varie gradazioni, da quelle più radicali a quelle meno aprioristiche, ma in ogni caso il problema che viene evidenziato è quello della generalizzabilità dei risultati ottenuti tramite la sperimentazione su animali diversi dall'uomo, in quanto il passaggio dal risultato nel modello alla previsione del risultato nel soggetto modellato è sempre una rischiosa inferenza analogica, non garantita dalla vicinanza filogenetica.
La verità è che ogni specie vivente può essere modello soltanto di se stessa. Lo dimostrano i veleni che, come la stricnina e la cicuta, per dirne due su mille, sono ottimo cibo per vari animali da esperimento.
L’inaffidabilità della sperimentazione su “modello animale” ai fini della ricerca biomedica è stata ufficializzata da organi scientifici della massima importanza e credibilità negli ultimi anni, quali il Consiglio Nazionale delle Ricerche statunitense. Quest’ultimo ha invocato la necessità di un “cambiamento epocale” nella ricerca tossicologica attraverso un “passaggio da un sistema basato sullo studio dell’animale ad un sistema basato sui metodi in vitro, oggi in grado di valutare il modo in cui una sostanza altera la funzione dei geni nella cellula umana”. Si tratterebbe di una svolta epocale, paragonata alla scoperta del DNA o alla nascita del primo computer.
L’innovazione è già partita negli Stati Uniti, visto che l’NRC (Consiglio Nazionale delle Ricerche) ha già annunciato una nuova tossicologia che metterà da parte il modello animale, varando un programma quinquennale di tossicologia cellulare basato su un sistema di “test per livelli”, che prevede lo studio di materiale e dati umani, utilizzando le nuove tecnologie (derivate da genetica, microbiologia, ecc.), con risultati più completi e affidabili (oltre che più rapidi e più economici) di quelli ottenuti dai test sugli animali.
Nel “Settimo Congresso Mondiale sui metodi alternativi e la sperimentazione animali”, tenutosi a Roma lo scorso anno, si è evidenziato che le straordinarie recenti tecnologie (dovute alle nuove conquiste della scienza, nella genetica, biologia, chimica, informatica, ecc) che usano tempi 10.000 volte più veloci e costi mille volte inferiori “generano una quantità di conoscenza mai raggiunta né mai individuata fino ad oggi” e consentono una tutela immediata per la nostra salute e per l’ambiente. Queste nuove tecnologie rispettano inoltre il comune sentire dei cittadini europei che non tollerano più l’atroce sofferenza di decine e centinaia di milioni di animali torturati nei laboratori.
In Europa, purtroppo, la recente approvazione della Direttiva 2010/63 sull’utilizzo degli animali per fini scientifici ha dimostrato quanto il predetto organo legislativo sia più sensibile agli interessi dell’industria farmaceutica che alla sensibilità dei cittadini sul tema della vivisezione.
Nonostante nel testo si faccia riferimento alla limitazione dei test più dolorosi e all'utilizzo delle cavie solo nei casi necessari, destano sgomento le deroghe per esigenze scientifiche che prevedono l'utilizzo di animali in via d’estinzione catturati in natura, come scimpanzé e gorilla, e addirittura di animali randagi, come gatti e cani, nel caso non sia possibile raggiungere altrimenti lo “scopo della procedura”.
A tal proposito bisogna ricordare come gran parte dei primati provenga da catture allo stato selvatico, dove tutto il nucleo familiare viene ucciso per prelevare il piccolo che, atterrito e disorientato, affronta viaggi transoceanici rinchiuso in piccoli contenitori per raggiungere l'Europa e, come ultima tappa, il laboratorio.
La nuova Direttiva 2010/63 prevede anche la possibilità di utilizzare lo stesso animale per più esperimenti, di utilizzare anidrite carbonica per la soppressione delle cavie (procedura che provoca un’elevata e prolungata sofferenza), e la possibilità di effettuare anche toracotomie (aperture del torace) senza anestesia.
Ad oggi il numero di animali usati per fini sperimentali non accenna a diminuire, rimanendo sulla soglia dei 12 milioni all’anno. Paesi come la Germania, Spagna, Francia Irlanda e Austria mostrano, addirittura, un forte incremento, mentre l’Italia mantiene tristemente il quinto posto nella classifica degli animali usati, dopo Francia, Regno Unito, Germania e Spagna.
Con questa iniziativa noi intendiamo avanzare la nostra richiesta per cui nell'iter di recepimento nazionale della Direttiva (ci sono due anni di tempo) vengano inserite disposizioni per favorire lo sviluppo concreto di metodi che non facciano uso di animali, limitando nei fatti il ricorso agli animali, per un futuro basato su una ricerca scientificamente corretta e libera dal vincolo arretrato del modello animale. Parimenti chiediamo il divieto senza deroga dell’uso di animali a scopo didattico.
Vorrei chiudere questo mio intervento citando una delle più celebri frasi del Mahatma Gandhi: “la vivisezione è il più nero dei neri crimini che l'uomo commette contro Dio e la bellezza del suo creato”.
Le associazioni che si occupano dei diritti degli animali considerano l'abolizione della sperimentazione animale fra i propri obiettivi principali, innanzi tutti per motivi etici, ma anche per motivi scientifici. Molti medici sostengono che la sperimentazione sugli animali sia scientificamente inefficace e potenzialmente sostituibile con altri metodi.
Diversi studi (Roberts et al. 2002; Pound et al. 2004) hanno evidenziato una debolissima correlazione tra studi pre-clinici e benefici finali in campo clinico, notando come in molti casi i risultati della ricerca sugli animali fossero da considerarsi irrilevanti.
Le critiche alla validità dei modelli animali come CAM (causal analog models, modelli causali analoghi) hanno varie gradazioni, da quelle più radicali a quelle meno aprioristiche, ma in ogni caso il problema che viene evidenziato è quello della generalizzabilità dei risultati ottenuti tramite la sperimentazione su animali diversi dall'uomo, in quanto il passaggio dal risultato nel modello alla previsione del risultato nel soggetto modellato è sempre una rischiosa inferenza analogica, non garantita dalla vicinanza filogenetica.
La verità è che ogni specie vivente può essere modello soltanto di se stessa. Lo dimostrano i veleni che, come la stricnina e la cicuta, per dirne due su mille, sono ottimo cibo per vari animali da esperimento.
L’inaffidabilità della sperimentazione su “modello animale” ai fini della ricerca biomedica è stata ufficializzata da organi scientifici della massima importanza e credibilità negli ultimi anni, quali il Consiglio Nazionale delle Ricerche statunitense. Quest’ultimo ha invocato la necessità di un “cambiamento epocale” nella ricerca tossicologica attraverso un “passaggio da un sistema basato sullo studio dell’animale ad un sistema basato sui metodi in vitro, oggi in grado di valutare il modo in cui una sostanza altera la funzione dei geni nella cellula umana”. Si tratterebbe di una svolta epocale, paragonata alla scoperta del DNA o alla nascita del primo computer.
L’innovazione è già partita negli Stati Uniti, visto che l’NRC (Consiglio Nazionale delle Ricerche) ha già annunciato una nuova tossicologia che metterà da parte il modello animale, varando un programma quinquennale di tossicologia cellulare basato su un sistema di “test per livelli”, che prevede lo studio di materiale e dati umani, utilizzando le nuove tecnologie (derivate da genetica, microbiologia, ecc.), con risultati più completi e affidabili (oltre che più rapidi e più economici) di quelli ottenuti dai test sugli animali.
Nel “Settimo Congresso Mondiale sui metodi alternativi e la sperimentazione animali”, tenutosi a Roma lo scorso anno, si è evidenziato che le straordinarie recenti tecnologie (dovute alle nuove conquiste della scienza, nella genetica, biologia, chimica, informatica, ecc) che usano tempi 10.000 volte più veloci e costi mille volte inferiori “generano una quantità di conoscenza mai raggiunta né mai individuata fino ad oggi” e consentono una tutela immediata per la nostra salute e per l’ambiente. Queste nuove tecnologie rispettano inoltre il comune sentire dei cittadini europei che non tollerano più l’atroce sofferenza di decine e centinaia di milioni di animali torturati nei laboratori.
In Europa, purtroppo, la recente approvazione della Direttiva 2010/63 sull’utilizzo degli animali per fini scientifici ha dimostrato quanto il predetto organo legislativo sia più sensibile agli interessi dell’industria farmaceutica che alla sensibilità dei cittadini sul tema della vivisezione.
Nonostante nel testo si faccia riferimento alla limitazione dei test più dolorosi e all'utilizzo delle cavie solo nei casi necessari, destano sgomento le deroghe per esigenze scientifiche che prevedono l'utilizzo di animali in via d’estinzione catturati in natura, come scimpanzé e gorilla, e addirittura di animali randagi, come gatti e cani, nel caso non sia possibile raggiungere altrimenti lo “scopo della procedura”.
A tal proposito bisogna ricordare come gran parte dei primati provenga da catture allo stato selvatico, dove tutto il nucleo familiare viene ucciso per prelevare il piccolo che, atterrito e disorientato, affronta viaggi transoceanici rinchiuso in piccoli contenitori per raggiungere l'Europa e, come ultima tappa, il laboratorio.
La nuova Direttiva 2010/63 prevede anche la possibilità di utilizzare lo stesso animale per più esperimenti, di utilizzare anidrite carbonica per la soppressione delle cavie (procedura che provoca un’elevata e prolungata sofferenza), e la possibilità di effettuare anche toracotomie (aperture del torace) senza anestesia.
Ad oggi il numero di animali usati per fini sperimentali non accenna a diminuire, rimanendo sulla soglia dei 12 milioni all’anno. Paesi come la Germania, Spagna, Francia Irlanda e Austria mostrano, addirittura, un forte incremento, mentre l’Italia mantiene tristemente il quinto posto nella classifica degli animali usati, dopo Francia, Regno Unito, Germania e Spagna.
Con questa iniziativa noi intendiamo avanzare la nostra richiesta per cui nell'iter di recepimento nazionale della Direttiva (ci sono due anni di tempo) vengano inserite disposizioni per favorire lo sviluppo concreto di metodi che non facciano uso di animali, limitando nei fatti il ricorso agli animali, per un futuro basato su una ricerca scientificamente corretta e libera dal vincolo arretrato del modello animale. Parimenti chiediamo il divieto senza deroga dell’uso di animali a scopo didattico.
Vorrei chiudere questo mio intervento citando una delle più celebri frasi del Mahatma Gandhi: “la vivisezione è il più nero dei neri crimini che l'uomo commette contro Dio e la bellezza del suo creato”.