mercoledì 20 marzo 2024

Lega del Cane (e non solo): cambiare cultura e leggi per difendere gli animali

 In principio era la “lega del cane”, ovvero la Lega Nazionale per la Difesa del Cane, associazione nata nel 1950 con l’obiettivo di tutelare gli animali familiari, con focus particolare su quello più diffuso, ovvero il cane. Ma dopo decenni di attività ci si è resi conto che le necessità andavano oltre questa mission e il raggio d’azione si è allargato, tanto che anche ufficialmente è stato coniato un nuovo nome: LNDC Animal Protection.

Per parlare della storia della Lega del Cane, ma soprattutto del presente, del futuro e delle tante azioni messe in campo da questa realtà, raggiungo telefonicamente Michele Pezone, responsabile nazionale dei diritti degli animali di LNCD Animal Protection, che si occupa principalmente della parte legale e politica. Per iniziare gli chiedo di scattare una fotografia del contesto italiano in cui opera l’associazione.

LA SITUAZIONE ATTUALE

«Adesso è in corso quello che a livello politico si può considerare il più grande attacco di sempre al sistema di tutela dei diritti animali, per una serie di modifiche e normative che riguardano in particolare la fauna selvatica e che denotano una grande vicinanza dell’attuale Governo alle istanze del mondo della caccia», spiega Michele Pezone.

«Abbiamo avuto modifiche sulla legge 157/92 – che riguarda la protezione della fauna omeoterma – che hanno dato luogo a grandi battaglie politiche e diverse petizioni; sono state avviate procedure d’infrazione a livello europeo, per esempio sull’uso di munizioni al piombo nelle zone umide; ci sono stati piani di contenimento della fauna che consentono di sparare in aree protette e parchi, è stata ampliata molto la possibilità di uccisione della fauna selvatica».

Se da un lato non si può dire che la congiuntura politica sia favorevole a chi si batte per i diritti degli animali – e ovviamente agli animali stessi –, c’è da rilevare che le associazioni e i movimenti animalisti, supportati da larghissime fette di opinione pubblica, stanno aumentando la qualità e la profondità del dibattito. «Abbiamo lanciato una petizione facendo rete con molte altre associazioni, con le quali peraltro collaboriamo abitualmente. Questa è una cosa molto positiva rispetto a decenni fa: oggi esistono gruppi di lavoro tematici, ci sono sinergie e collaborazioni su tanti argomenti».

Uno dei più caldi, come accennato, è quello della caccia, ma la Lega del Cane lavora con altre sigle su altri temi: «Adesso per esempio ci sono le europee e abbiamo aderito alla campagna Vote for Animals. Stiamo incontrando le segreterie di tutti i partiti per mettere sul tavolo di discussione temi più complessi della semplice tutela dell’animale, come una decisa stretta sugli allevamenti intensivi e la riduzione dell’uso delle gabbie, argomenti che incrociano la tutela alimentare e ambientale. La tutela del benessere animale gioca un ruolo importante su cui lavoriamo anche con altre sigle, da Animal Equality a Essere Animali. Alle ultime politiche abbiamo fatto il manifesto “anche gli animali votano” che chiedevamo di sottoscrivere ai vari candidati».

GLI ANIMALI FAMILIARI

Se la situazione degli animali selvatici e di quelli del comparto zootecnico non è rosea – per usare un eufemismo –, anche sugli animali familiari c’è tanta strada da fare ancora e manca una efficace tutela politica. «Dal punto di vista legislativo non possiamo dire di essere l’ultimo paese in Europa ma non siamo neanche fra i primi, abbiamo standard molto bassi», riflette Michele Pezone. «Ad esempio, è vero che ci sono campagne in corso contro i circhi con animali, ma essi possono ancora attendare nelle nostre città».

Una delle grandi carenze dell’impianto giuridico italiano è la mancanza di pene severe: «C’è in discussione una proposta di legge, per cui abbiamo fatto anche audizioni in commissione di giustizia, sull’inasprimento delle pene per reati contro gli animali, oggi molto blande. Mancano strumenti normativi ad hoc per punire il sequestro di animali e mancano pure strutture adeguate per accogliere animali vittime di maltrattamenti, che a volte non vengono sequestrati perché non si sa dove collocarli».

La stessa normativa che abbiamo sulla tutela del randagismo va adeguata, poiché oltre a essere poche, le strutture esistenti non hanno sufficienti risorse per la gestione degli animali. «È urgente una riforma per migliorare la legge 281/91 sulla prevenzione del randagismo, che se da un lato è stata innovativa introducendo migliorie importanti come ad esempio la tracciabilità, dall’altro risale a più di trent’anni fa e va aggiornata, così come va implementato il concetto della convivenza responsabile con gli animali, poiché molti studi rivelano come la maggior parte dei cani che finiscono in canile provenga da casi di cattiva gestione in famiglia».

Secondo il responsabile della LNDC Animal Protection, nel codice penale servono norme più severe e che regolino meglio i meccanismi della custodia dal punto di vista sia legislativo che logistico, ma «servono anche norme più precise sui centri si recupero della fauna selvatica e sui santuari. Stiamo portando avanti anche una battaglia sulla peste suina, poiché i provvedimenti atti a contrastarla non fanno distinzione fra impianti zootecnici e santuari e questo è assurdo».

Il miglioramento delle leggi a disposizione va di pari passo con un cambiamento culturale e uno dei problemi strutturali principali è proprio che le leggi attuali sono spesso vecchie, concepite in un’epoca in cui la sensibilità era completamente diversa. «I riferimenti contenuti nel codice civile risalgono al 1942, appartengono a un periodo storico molto diverso in cui gli animali venivano trattati come oggetti – si veda ad esempio gli articoli che regolano la loro assegnazione in caso di separazione fra coniugi. L’animale viene visto come una proprietà. A livello penale fortunatamente ci sono riferimenti anche alle caratteristiche etologiche».

OPINIONE PUBBLICA VS INTERESSI POLITICI ED ECONOMICI

Come detto, c’è un profondo scollamento fra la politica e l’opinione pubblica – come del resto avviene anche rispetto a molte altre tematiche. «Non si può dire che sia il momento politico migliore – osserva Michele –, c’è scarsa sensibilità su temi come fauna selvatica e allevamenti. Oggi sono in corso battaglie epocali: faccio l’esempio dell’uso della carne coltivata, perché i metodi dell’industria della carne oggi hanno superato il limite dell’immaginabile».

«Per evitare la logica del conflitto – aggiunge – noi stiamo cercando di trovare una chiave di volta, un punto di contatto con l’attuale Governo, per esempio sul discorso del Made in italy e della produzione di qualità, visto che l’attuale modello di produzione alimentare industriale ha gravi ripercussioni sull’ambiente e sul benessere animale e non si può certo dire che sia di qualità».

Per fortuna la sensibilità dell’opinione pubblica invece è molto alta e non rispecchia assolutamente il segno dei provvedimenti legislativi che seguono gli interessi di pochi a discapito delle esigenze che vengono dalla maggior parte dei cittadini: «Noi vediamo grande partecipazione popolare quando ci sono manifestazioni a tutela degli animali, una testimonianza lampante è stata la massiccia mobilitazione che ha seguito il caso di Cuori Liberi, per cui sono scese in piazza decine di migliaia di persone».

«Bisogna lavorare sull’aspetto culturale e fare sì che si traduca anche sul piano normativo», osserva in conclusione il responsabile nazionale dei diritti degli animali. «Per quanto ci siano diverse leggi regionali recenti significative, bisogna investire molto in prevenzione, miglioramento e incentivazione delle adozioni. Ma soprattutto bisogna lavorare tanto per migliorare il rapporto con il mondo animale».

Scritto da: FRANCESCO BEVILACQUA - su Italiachecambia.org

https://www.italiachecambia.org/2024/03/lega-del-cane-leggi-animali/#


giovedì 8 febbraio 2024

Estratto delle osservazioni alle proposte di legge C. 30 Brambilla, C. 468 Dori, C. depositate in Commissione Giustizia - Camera

La LNDC Animal Protection condivide in ogni sua parte la proposta di legge C30 a prima firma dell’on. Brambilla, in quanto recepisce perfettamente quelle che sono le richieste che le associazioni di protezione animali da anni stanno formulando al fine di avere una reale tutela in sede penale degli animali, a partire dalla modifica della stessa rubrica del Titolo IX bis del Libro II del codice penale, che deve finalmente essere intitolato ai delitti contro gli animali e non ai delitti contro il sentimento umano nei confronti degli stessi, in tal modo avviando un effettivo percorso teso al riconoscimento di una forma di soggettività agli animali che devono essere oggetto di tutela diretta e non mediata da parte del nostro ordinamento.

E’ assolutamente condivisibile l’inasprimento delle pene, estese anche alle condotte colpose e anche ad ulteriori ipotesi sinora non ricomprese dalle previsioni penali, come la semplice partecipazione alle feste popolari che comportano sevizie agli animali o ai combattimenti clandestini. Sono parimenti condivisibili gli adeguamenti apportati per rendere omogenee e razionali le disposizioni normative sull’uccisione ed il maltrattamento con le fattispecie che riguardano animali di proprietà oppure la fauna selvatica protetta, mediante la soppressione del primo comma dell’art. 638 e dell’art. 727 bis del codice penale e l’introduzione dell’art. 452 sexies c.p. E’ attesa con ansia la riforma della disciplina della custodia giudiziaria degli animali con la possibilità di cessione definitiva nelle more del giudizio e la pdl C. 30 va esattamente in questa direzione. E’ opportuna inoltre la prevista istituzione di centri di accoglienza di animali vittime del reato, in quanto accade spesso che la carenza di questa strutture determini di fatto l’impossibilità di eseguire sequestri oppure determina che gli animali vengono trasferiti in posti dove la loro condizione di vita non migliora sensibilmente rispetto a quella precedente. 

La proposta di legge C. 468 a firma dell’onorevole Dori costituisce una valida integrazione della proposta di legge dell’onorevole Brambilla, in quanto tutte le disposizioni che si intendono modificare con questa pdl non solo non confliggono con quelle di cui alla pdl 30 ma vanno nella direzione di contrastare e prevenire efficacemente la violenza soprattutto minorile sugli animali e l’escalation di condotte violente, anche con il passaggio dalla violenza sugli animali a quella sulle persone, e in Italia si riscontrano fenomeni sempre più preoccupanti in questo senso, come testimoniato dalla cronaca anche recente.

giovedì 1 febbraio 2024

UCCISIONE DI AMARENA – CARENZE DEL SISTEMA SANZIONATORIO E NUOVE PROSPETTIVE PER OTTENERE PENE ADEGUATE - pubblicato su Terre dell'Orso n. 17 - dicembre 23

L’uccisione dell’orsa Amarena è stata un crimine gravissimo non solo perché ha tolto la vita ad un animale particolarmente tutelato a livello comunitario, ma anche perché ha colpito al cuore l’intera Regione Abruzzo, che ama questi animali, simbolo della Regione stessa, ed in particolare amava questa mamma orsa. A differenza del clima di ostilità verso gli orsi che si coglie in Trentino da parte delle Amministrazioni e di buona parte della popolazione locale, le comunità abruzzesi fuori e dentro ai parchi hanno sempre dimostrato di voler convivere con gli orsi, seppure non siano mancati in passato atti di bracconaggio e comportamenti poco lungimiranti da parte di alcune amministrazioni in ordine alla tutela degli habitat degli orsi e all’adozione delle cautele da adottare per evitare problemi di confidenza (ricordiamo la lettera del presidente dell’associazione Salviamo l’Orso Stefano Orlandini al Sindaco di Roccaraso per chiedere di gestire diversamente la raccolta della spazzatura che attira questi animali a proposito delle incursioni di Juan Carrito, figlio di Amarena, anche lui poi morto tragicamente lungo la strada statale 17 all'altezza di Castel di Sangro).

Tra gli episodi più gravi del recente passato vi è l’uccisione dell’orso di Pettorano sul Gizio nel 2014, che l’associazione Salviamo l’Orso ha seguito sin dall’inizio e la cui vicenda giudiziaria si è conclusa con la condanna al risarcimento del danno in capo all’autore di questo crimine. Quest’ultimo si era difeso in giudizio sostenendo di aver dovuto sparare per difendersi dall’aggressione dell’orso, colto in flagranza mentre stava predando il suo pollaio. In primo grado il Giudice del Tribunale di Sulmona aveva creduto a questa tesi difensiva, che è stata poi sconfessata in appello grazie al riesame della consulenza balistica, che ha acclarato che non vi era stata alcuna legittima difesa, ma piuttosto una deliberata uccisione dell’orso colpito da dietro mentre si stava allontanando dal pollaio.

In quel caso non vi è stata una condanna penale in quanto il giudizio di appello è stato promosso dalle parti civili e l’appello del Pubblico Ministero per motivi processuali è stato dichiarato inammissibile. Tuttavia, si è trattato di un verdetto storico perché per la prima volta vi è stata una condanna in un processo indiziario per l’uccisione di un animale basata su prove di tipo scientifico e l’associazione Salviamo l’Orso ha poi perseguito l’autore del crimine con un’azione esecutiva civile che continua tuttora a dare i suoi frutti.

Confidiamo che anche nel processo che dovrà aprirsi per la morte di Amarena le indagini scientifiche possano consentire di ricostruire esattamente la dinamica dell’uccisione, anche perché le indagini autoptiche e quelle balistiche sono state affidate agli stessi periti che avevano lavorato sul caso di Pettorano con indubbia competenza.

Ciò che difetta, purtroppo, è un adeguato sistema sanzionatorio. Il reato che probabilmente sarà contestato all’esito delle indagini è quello di cui all’art. 544 bis c.p., che prevede la pena fino a due anni di reclusione per l’uccisione di animali. Sono molti gli strumenti processuali che rendono difficilmente scontabile in concreto una pena così blanda. Peraltro, il codice penale contiene una specifica norma per l’uccisione di un esemplare di specie di fauna selvatica protetta (come l’orso) che prevede una pena massima addirittura inferiore a quella sopra menzionata e cioè la pena fino a sei mesi di arresto. E’ importante che si acceleri l’iter dei disegni di legge che prevedono un generale inasprimento delle pene per l’uccisione degli animali e l’aggravamento delle pene nel caso si tratti di fauna particolarmente protetta. Sul punto vi è anche una proposta formalizzata dall’onorevole Pagano per elevare la pena per l’uccisione di esemplari di orso marsicano fino a due anni di arresto oltre all’ammenda fino a 10.000 euro, presentata proprio a seguito della vicenda dell’orsa Amarena, che andrebbe rivista nell’ambito di un generale inasprimento del sistema sanzionatorio.

L’associazione Salviamo l’Orso, che ha sporto denuncia insieme alle altre maggiori associazioni nazionali di protezione animale per l’uccisione di Amarena, ha recentemente depositato delle memorie con le quali, per ottenere una risposta sanzionatoria adeguata, ha chiesto al PM di Avezzano Maurizio Maria Cerrato di voler ravvisare in questo terribile crimine anche gli estremi del furto venatorio, contestabile nei casi di abbattimento di fauna selvatica commessi da persona non munita di licenza di caccia,  nonché gli estremi del reato di cui all’articolo 452 bis c.p., che punisce con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 10.000 a euro 100.000 quelle condotte abusive di “compromissione” o “deterioramento” significativi e misurabili di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna.

Ed invero, la scomparsa dell’orsa Amarena, oltre a mettere in pericolo la vita dei suoi giovani cuccioli, privati della loro madre con gravi rischi per la loro stessa sopravvivenza, ha causato la perdita di una delle femmine più prolifiche della storia recente della popolazione di orso marsicano.

Il Rapporto orso marsicano del 2022 riferisce che qualsiasi variazione nel numero di femmine che si riproducono ogni anno può influire drasticamente sull’andamento della popolazione. Nel Rapporto si legge inoltre che “(..) il tasso riproduttivo delle femmine di orso bruno marsicano, ossia il numero medio di piccoli che una madre riesce ad allevare ogni anno, è pari soltanto a 0.18, uno tra i più bassi noti in Europa e non solo”. Se la sopravvivenza media delle femmine o i tassi riproduttivi non aumenteranno nel futuro, è possibile, pertanto, che questa popolazione rimarrà estremamente ridotta e addirittura a rischio di estinzione. E’ evidente, pertanto, il danno ambientale conseguente all’uccisione di Amarena.

L’associazione Salvamo l’Orso, unitamente alle altre associazioni costituitesi come persone offese, si è insomma attivata per sostenere che l’uccisione di Amarena abbia integrato una pluralità di fattispecie penalmente rilevanti, coinvolgendo altrettanti beni giuridici lesi dalla condotta: il sentimento per gli animali, il patrimonio dello Stato e l’ambiente inteso nella sua accezione unitaria. E se è vero che è dovere delle collettività e delle loro amministrazioni non danneggiare il bene ambientale, ma anzi tutelarlo e promuoverne la valorizzazione, con l’uccisione di Amarena emerge con tutta evidenza che deve sussistere un analogo dovere anche in capo ai singoli i quali, in caso di violazione del dovere di tutela dell’ambiente e degli animali che vi fanno parte, devono finalmente essere destinatari di pene severe e proporzionate alla gravità del fatto commesso.