sabato 21 settembre 2024

Presentazione del film "Cuori liberi. Fino all'ultimo respiro" - cinema Beltrade, Milano, 20/9/2024


Il film di Alessio Schiazza "Cuori liberi. Fino all'ultimo respiro" è un documentario straordinario, che ripercorre fedelmente quello che è accaduto nel santuario Cuori Liberi e lo fa in modo potente, accostando a immagini crude e dolorose scene di grande tenerezza e anche immagini che ricordano la grande protesta popolare per quello che è accaduto. E' un film che parla di morte ma anche  voglia di lottare per un mondo migliore, che è il senso stesso della vita. Insieme a Food for Profit è un altro grande film che scuoterà le coscienze.

Quello che è successo il 20 settembre scorso a Sairano, presso il Rifugio Cuori Liberi, rappresenta a tutti gli effetti una pagina nera nella storia d’Italia, un evento che ha scosso le coscienze anche di tanti cittadini che normalmente non sarebbero così vicini alla causa animalista. Le immagini che sono arrivate a tutti dal rifugio, mentre avveniva l’irruzione violenta della polizia e poi mentre i 9 maiali uccisi venivano buttati via come spazzatura, hanno sicuramente provocato una grande indignazione soprattutto per le modalità con cui sono stati svolti i fatti.

Cuori Liberi è un rifugio antispecista dove vengono ospitati animali salvati dallo sfruttamento, dalla macellazione e dai maltrattamenti. Questi ultimi, tra l’altro, spesso affidati all’associazione dalle stesse Istituzioni. Inoltre, mi preme evidenziare che si tratta di animali NON DPA, ovvero non destinabili alla produzione di alimenti per nessuna motivazione.

A seguito dell’infezione di alcuni suini con il virus della Peste Suina Africana, l’ATS di Pavia ha ordinato l’abbattimento degli animali ancora in vita per evitare il propagarsi dell’epidemia. Una misura contestata dai responsabili della struttura e da tutte le associazioni di protezione animale, dato che tale rischio non sussisteva in quanto erano state messe in atto tutte le misure di biosicurezza necessarie.

Non solo. Le associazioni di protezione animale si erano rivolti alla giustizia amministrativa per chiedere di verificare la legittimità del provvedimento con cui veniva disposta l’uccisione dei maiali.  Ciò nonostante, le autorità hanno ritenuto di procedere ugualmente all’esecuzione – incuranti del fatto che fosse ancora pendente un ricorso al TAR la cui udienza era prevista per il 5 ottobre – ed effettuando un vero e proprio blitz la mattina del 20 settembre.

Il dispiegamento di forze messo in campo per procedere con l’esecuzione e la violenza con cui è avvenuto il tutto è stato sconcertante. Parliamo di un’irruzione che ha annientato il presidio assolutamente pacifico di resistenza passiva messo in atto dagli attivisti, usando una forza e una ferocia inaudita, decisamente non necessarie e che sono state mostrate al mondo intero grazie ai tanti video che sono stati diffusi in rete. Al termine di quella giornata terribile e indimenticabile, ben 9 attivisti hanno dovuto ricorrere alle cure del Pronto Soccorso alla luce dei comportamenti tenuti dagli agenti intervenuti.

C’è anche da dire che le associazioni animaliste avevano anche scritto una lettera a tutte le istituzioni coinvolte facendo notare che la presenza di PSA in un rifugio poteva rappresentare un’opportunità anziché un problema.

La presenza di suini positivi al virus ma che non avevano ancora mostrato sintomi poteva costituire una preziosa occasione per effettuare delle osservazioni sul decorso della patologia da parte di personale medico veterinario, diretta all’avanzamento della ricerca scientifica, nonché alla messa a punto di un protocollo di trattamento.

L’epilogo è stato invece quello a tutti noto. I maiali presenti nel rifugio sono stati abbattuti, quindici attivisti sono stati fermati e portati in caserma per essere identificati. La battaglia continuerà per avere protocolli sanitari che tengano conto del fatto che i santuari ospitano animali non destinati alla produzione alimentare e che dunque non sono allevamenti, ferma restando la necessità di garantire il rispetto di tutte le misure di biosicurezza in caso di presenza di animali malati.

Poi il 5 ottobre il TAR Milano ha dovuto prendere atto dell’esecuzione del provvedimento, per cui ha dichiarato cessata la materia del contendere in ordine alla richiesta di sospensiva, ma noi abbiamo chiesto di andare avanti con una istanza di risarcimento del danno e abbiamo chiesto al TAR di ordinare l’esibizione del verbale delle operazioni compiute, visto che non ci era stato fornito, e solo in questo modo abbiamo appreso che questo verbale non esiste. Evidenzieremo la gravità di tale carenza all’udienza di merito del 6 dicembre, dato che tutte le operazioni esecutive svolte da pubblici funzionari devono essere descritte e verbalizzate. Ciò sottolinea ancora una volta la scarsa trasparenza dell’ATS di Pavia nello svolgimento delle operazioni e l’illegittimità di tutta questa vicenda.

lunedì 27 maggio 2024

PRESENTAZIONE “FOOD FOR PROFIT” – TEATRO AQUILA DI ROMA – 24/5/24


Il documentario di Giulia Innocenzi e Pablo D’Ambrosi è un viaggio che parte sul delta del Po, nel Polesine, in un allevamento intensivo di polli, e ci mostra subito animali scartati e uccisi per consegnare soltanto gli esemplari perfetti da immettere sul mercato. Gli "scarti" vengono dunque eliminati con pratiche violente.

I documentaristi si spingono poi in Europa e arrivano, ad esempio, in Germania, a Berlino, in un allevamento di mucche a cui vengono somministrati antibiotici illegalmente perchè colpite da mastiti a causa delle condizioni di vita a cui sono sottoposte e in Spagna, in un allevamento intensivo di maiali che sfrutta le poche risorse idriche del territorio e scarica in vasconi all'aperto i liquami di risulta, causando inquinamento del suolo e contaminazione della falda acquifera.

C’è dunque un filo conduttore che unisce sensibilità etiche sul trattamento degli animali, preoccupazioni sanitarie e criticità ambientali e che riguarda il sistema capitalistico di produzione alimentare che incrocia i temi cruciali della nostra epoca relativi all’inquinamento, allo sfruttamento del lavoro, alla tutela della salute umana a e degli animali.

Si potrebbe dire che YouTube è già pieno di montagne di video di bovini picchiati, polli che non si possono muovere, maiali terrorizzati. Ma “Food for Profit” aggiunge una visione (quella della complicità della politica) su questa materia complessa e sfuggente, perché l’industria della carne è un colosso difficile da combattere, in quanto ha una grande capacità di sottrarsi al dibattito pubblico, di puntare subito il dito su chi prova a contestarla bollandolo di estremismo.

Ma questa volta le cose sono andate diversamente. Per la prima volta davvero l’industria della carne si è sentita sotto accusa. Proprio mentre siamo qui, l’Associazione di Organizzazione di Produttori Italia Zootecnica e l’Organizzazione Interprofessionale Intercarneitalia hanno organizzato un convegno al Consorzio di Bonifica Adige Po di Rovigo in cui si parlerà anche di una controproposta cinematografica al film di Giulia Innocenzi che stanno organizzando, dal titolo “Food for Life”, per confutare le tesi sostenute nel documentario.

Questo conferma che il lavoro d'inchiesta di Food for Profit è diventato una denuncia e un atto d'accusa che ha colpito il mondo dei produttori di carne e le istituzioni europee complici in modo diretto e indiretto di questo sistema di produzione.

La PAC, la Politica Agricola Comune dell’Unione Europea ha ereditato una lunga storia di favoritismi verso le grandi industrie con l’ossessione per la produttività.

387 miliardi di sussidi in sette anni destinati alla politica agricola comune, che dovrebbe aiutare gli agricoltori a sostenere il loro reddito, vanno infatti in buona parte ai grandi gruppi industriali e agli allevamenti intensivi. I cui gestori però, come si vede nel documentario, spesso non rispettano le regole necessarie per la tutela del benessere degli animali e della salute degli esseri umani.

E non è vero che le leggi a tutela del benessere degli animali già ci sono, perché quelle in vigore non assicurano questa tutela. Gli ordinamenti degli Stati membri, ed in particolare quello italiano, con molta lentezza stanno assicurando standard accettabili di tutela del benessere animale nel settore della produzione alimentare. Nel febbraio 2023, l’EFSA (European Food Safety Authority), cioè l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, ha pubblicato dei pareri scientifici sul benessere delle galline ovaiole e dei polli “da carne” all’interno degli allevamenti, evidenziando la necessità di evitare l’uso delle gabbie e di impedire pratiche nocive quali le mutilazioni, come il debeccaggio, e la restrizione alimentare. Lo stesso Istituto aveva già raccomandato di concedere più spazio agli animali allevati, abbassare le temperature massime e ridurre al minimo i tempi dei trasporti. La Commissione ha richiesto questi pareri scientifici nell’ambito della strategia Farm to Fork (il piano per guidare la transizione verso un sistema alimentare equo, sano e sostenibile, all’interno dell’European Green Deal, un insieme di iniziative politiche proposte dalla Commissione con l’obiettivo di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050) ed è attualmente in discussione la riforma della legislazione europea sul benessere animale, tema che incrocia fatalmente quelli della salute dell’uomo e dell’intero Pianeta. Il Green Deal è nato dopo l’onda dei movimenti per il clima del 2019 ed è al momento il piano climatico più ambizioso che abbiamo a disposizione in un momento in cui a livello nazionale ed europeo le politiche di tutela ambientale sono messe a repentaglio.


Il tempismo dell’uscita del documentario è dunque perfetto, perchè immediatamente prima delle elezioni europee del prossimo 8 giugno, per cui il lavoro di denuncia si è tramutato in una sorta di “call to action”, un invito a votare i candidati che hanno mostrato più sensibilità rispetto a questi temi.

Le principali associazioni di protezione degli animali Italiane hanno aderito e partecipato alla campagna europea denominata Vote for Animals, lanciata da Eurogroup for Animals con l’obiettivo di chiedere alle forze politiche e ai candidati e candidate di impegnarsi per garantire maggiori tutele agli animali in UE, tra cui il sostegno dell’eliminazione graduale delle gabbie negli allevamenti e una riforma ambiziosa della legislazione europea con alti standard per gli animali allevati e specifici avanzamenti per tutte le specie. La campagna è presente in tutti e 27 i Paesi, e ci sono già 397 firmatari in UE. Sul sito voteforanimals.it si può vedere chi sono i candidati italiani che si sono impegnati a far rispettare le nostre richieste per la tutela degli animali.

Oltre al piano politico, abbiamo anche un’azione giudiziaria in corso contro la Commissione Europea. Il Comitato dei Cittadini promotore dell’Iniziativa dei cittadini europei (ICE) End the Cage Age ha presentato ricorso presso la Corte di giustizia dell’Unione europea contro la Commissione UE, responsabile di aver tradito il proprio impegno a proporre una normativa per mettere fine all’allevamento in gabbia.

Nel 2021, la Commissione UE aveva assunto l’impegno formale a presentare, entro la fine del 2023 una proposta legislativa per vietare l’uso delle gabbie negli allevamenti europei. Una decisione in risposta al successo dell’ICE End the Cage Age che – con il sostegno di una coalizione di 170 associazioni coordinate da Compassion in World Farming (CIWF), di cui 20 italiane – aveva raccolto 1,4 milioni di firme certificate.

La Commissione stava per presentare la propria proposta legislativa per mettere fine all’allevamento in gabbia lo scorso autunno, quando la presidente Von der Leyen ha messo il tutto in pausa, molto probabilmente dietro le pressioni della lobby agricola.

Se la Corte di giustizia si esprimerà in favore del ricorso (nel quale sto preparando una richiesta di intervento per conto della LNDC, che aveva partecipato all’ICE), la Commissione sarà obbligata a pubblicare la propria proposta legislativa, seguendo una tempistica chiara e ragionevole, e a rendere pubblico il proprio dossier sull’ICE End the Cage Age.

La prospettiva futura, infine, è quella di passare dal concetto di tutela del “benessere animale” al concetto di tutela dei diritti degli animali, che sono dei “soggetti” e non delle cose “senzienti”. Abbiamo un ampio corpus normativo (a solo titolo esemplificativo, in Italia, la L. n. 623 del 1985, che ratifica le precedenti convenzioni sulla protezione degli animali da allevamento e da macello adottate a Strasburgo; il D. Lgs. n. 146 del 2001, che dà attuazione alla direttiva 98/58/CE sulla protezione degli animali negli allevamenti; il Regolamento C.E. n. 1 del 2005, sulla protezione degli animali durante il trasporto e le operazioni correlate; il Regolamento C.E. n. 1099 del 2009, sulla protezione degli animali durante l'abbattimento) ma il “benessere animale” che è tutelato anche dall’art. 13 del Trattato di Lisbona sul Funzionamento dell’Unione Europea non basta ad assicurare un livello di tutela adeguato. Bisogna ripensare dalle fondamenta il nostro rapporto con gli animali, e questo lavoro coraggioso di Giulia è un mattone importante in questa opera di ricostruzione.

mercoledì 20 marzo 2024

Lega del Cane (e non solo): cambiare cultura e leggi per difendere gli animali

 In principio era la “lega del cane”, ovvero la Lega Nazionale per la Difesa del Cane, associazione nata nel 1950 con l’obiettivo di tutelare gli animali familiari, con focus particolare su quello più diffuso, ovvero il cane. Ma dopo decenni di attività ci si è resi conto che le necessità andavano oltre questa mission e il raggio d’azione si è allargato, tanto che anche ufficialmente è stato coniato un nuovo nome: LNDC Animal Protection.

Per parlare della storia della Lega del Cane, ma soprattutto del presente, del futuro e delle tante azioni messe in campo da questa realtà, raggiungo telefonicamente Michele Pezone, responsabile nazionale dei diritti degli animali di LNCD Animal Protection, che si occupa principalmente della parte legale e politica. Per iniziare gli chiedo di scattare una fotografia del contesto italiano in cui opera l’associazione.

LA SITUAZIONE ATTUALE

«Adesso è in corso quello che a livello politico si può considerare il più grande attacco di sempre al sistema di tutela dei diritti animali, per una serie di modifiche e normative che riguardano in particolare la fauna selvatica e che denotano una grande vicinanza dell’attuale Governo alle istanze del mondo della caccia», spiega Michele Pezone.

«Abbiamo avuto modifiche sulla legge 157/92 – che riguarda la protezione della fauna omeoterma – che hanno dato luogo a grandi battaglie politiche e diverse petizioni; sono state avviate procedure d’infrazione a livello europeo, per esempio sull’uso di munizioni al piombo nelle zone umide; ci sono stati piani di contenimento della fauna che consentono di sparare in aree protette e parchi, è stata ampliata molto la possibilità di uccisione della fauna selvatica».

Se da un lato non si può dire che la congiuntura politica sia favorevole a chi si batte per i diritti degli animali – e ovviamente agli animali stessi –, c’è da rilevare che le associazioni e i movimenti animalisti, supportati da larghissime fette di opinione pubblica, stanno aumentando la qualità e la profondità del dibattito. «Abbiamo lanciato una petizione facendo rete con molte altre associazioni, con le quali peraltro collaboriamo abitualmente. Questa è una cosa molto positiva rispetto a decenni fa: oggi esistono gruppi di lavoro tematici, ci sono sinergie e collaborazioni su tanti argomenti».

Uno dei più caldi, come accennato, è quello della caccia, ma la Lega del Cane lavora con altre sigle su altri temi: «Adesso per esempio ci sono le europee e abbiamo aderito alla campagna Vote for Animals. Stiamo incontrando le segreterie di tutti i partiti per mettere sul tavolo di discussione temi più complessi della semplice tutela dell’animale, come una decisa stretta sugli allevamenti intensivi e la riduzione dell’uso delle gabbie, argomenti che incrociano la tutela alimentare e ambientale. La tutela del benessere animale gioca un ruolo importante su cui lavoriamo anche con altre sigle, da Animal Equality a Essere Animali. Alle ultime politiche abbiamo fatto il manifesto “anche gli animali votano” che chiedevamo di sottoscrivere ai vari candidati».

GLI ANIMALI FAMILIARI

Se la situazione degli animali selvatici e di quelli del comparto zootecnico non è rosea – per usare un eufemismo –, anche sugli animali familiari c’è tanta strada da fare ancora e manca una efficace tutela politica. «Dal punto di vista legislativo non possiamo dire di essere l’ultimo paese in Europa ma non siamo neanche fra i primi, abbiamo standard molto bassi», riflette Michele Pezone. «Ad esempio, è vero che ci sono campagne in corso contro i circhi con animali, ma essi possono ancora attendare nelle nostre città».

Una delle grandi carenze dell’impianto giuridico italiano è la mancanza di pene severe: «C’è in discussione una proposta di legge, per cui abbiamo fatto anche audizioni in commissione di giustizia, sull’inasprimento delle pene per reati contro gli animali, oggi molto blande. Mancano strumenti normativi ad hoc per punire il sequestro di animali e mancano pure strutture adeguate per accogliere animali vittime di maltrattamenti, che a volte non vengono sequestrati perché non si sa dove collocarli».

La stessa normativa che abbiamo sulla tutela del randagismo va adeguata, poiché oltre a essere poche, le strutture esistenti non hanno sufficienti risorse per la gestione degli animali. «È urgente una riforma per migliorare la legge 281/91 sulla prevenzione del randagismo, che se da un lato è stata innovativa introducendo migliorie importanti come ad esempio la tracciabilità, dall’altro risale a più di trent’anni fa e va aggiornata, così come va implementato il concetto della convivenza responsabile con gli animali, poiché molti studi rivelano come la maggior parte dei cani che finiscono in canile provenga da casi di cattiva gestione in famiglia».

Secondo il responsabile della LNDC Animal Protection, nel codice penale servono norme più severe e che regolino meglio i meccanismi della custodia dal punto di vista sia legislativo che logistico, ma «servono anche norme più precise sui centri si recupero della fauna selvatica e sui santuari. Stiamo portando avanti anche una battaglia sulla peste suina, poiché i provvedimenti atti a contrastarla non fanno distinzione fra impianti zootecnici e santuari e questo è assurdo».

Il miglioramento delle leggi a disposizione va di pari passo con un cambiamento culturale e uno dei problemi strutturali principali è proprio che le leggi attuali sono spesso vecchie, concepite in un’epoca in cui la sensibilità era completamente diversa. «I riferimenti contenuti nel codice civile risalgono al 1942, appartengono a un periodo storico molto diverso in cui gli animali venivano trattati come oggetti – si veda ad esempio gli articoli che regolano la loro assegnazione in caso di separazione fra coniugi. L’animale viene visto come una proprietà. A livello penale fortunatamente ci sono riferimenti anche alle caratteristiche etologiche».

OPINIONE PUBBLICA VS INTERESSI POLITICI ED ECONOMICI

Come detto, c’è un profondo scollamento fra la politica e l’opinione pubblica – come del resto avviene anche rispetto a molte altre tematiche. «Non si può dire che sia il momento politico migliore – osserva Michele –, c’è scarsa sensibilità su temi come fauna selvatica e allevamenti. Oggi sono in corso battaglie epocali: faccio l’esempio dell’uso della carne coltivata, perché i metodi dell’industria della carne oggi hanno superato il limite dell’immaginabile».

«Per evitare la logica del conflitto – aggiunge – noi stiamo cercando di trovare una chiave di volta, un punto di contatto con l’attuale Governo, per esempio sul discorso del Made in italy e della produzione di qualità, visto che l’attuale modello di produzione alimentare industriale ha gravi ripercussioni sull’ambiente e sul benessere animale e non si può certo dire che sia di qualità».

Per fortuna la sensibilità dell’opinione pubblica invece è molto alta e non rispecchia assolutamente il segno dei provvedimenti legislativi che seguono gli interessi di pochi a discapito delle esigenze che vengono dalla maggior parte dei cittadini: «Noi vediamo grande partecipazione popolare quando ci sono manifestazioni a tutela degli animali, una testimonianza lampante è stata la massiccia mobilitazione che ha seguito il caso di Cuori Liberi, per cui sono scese in piazza decine di migliaia di persone».

«Bisogna lavorare sull’aspetto culturale e fare sì che si traduca anche sul piano normativo», osserva in conclusione il responsabile nazionale dei diritti degli animali. «Per quanto ci siano diverse leggi regionali recenti significative, bisogna investire molto in prevenzione, miglioramento e incentivazione delle adozioni. Ma soprattutto bisogna lavorare tanto per migliorare il rapporto con il mondo animale».

Scritto da: FRANCESCO BEVILACQUA - su Italiachecambia.org

https://www.italiachecambia.org/2024/03/lega-del-cane-leggi-animali/#


giovedì 8 febbraio 2024

Estratto delle osservazioni alle proposte di legge C. 30 Brambilla, C. 468 Dori, C. depositate in Commissione Giustizia - Camera

La LNDC Animal Protection condivide in ogni sua parte la proposta di legge C30 a prima firma dell’on. Brambilla, in quanto recepisce perfettamente quelle che sono le richieste che le associazioni di protezione animali da anni stanno formulando al fine di avere una reale tutela in sede penale degli animali, a partire dalla modifica della stessa rubrica del Titolo IX bis del Libro II del codice penale, che deve finalmente essere intitolato ai delitti contro gli animali e non ai delitti contro il sentimento umano nei confronti degli stessi, in tal modo avviando un effettivo percorso teso al riconoscimento di una forma di soggettività agli animali che devono essere oggetto di tutela diretta e non mediata da parte del nostro ordinamento.

E’ assolutamente condivisibile l’inasprimento delle pene, estese anche alle condotte colpose e anche ad ulteriori ipotesi sinora non ricomprese dalle previsioni penali, come la semplice partecipazione alle feste popolari che comportano sevizie agli animali o ai combattimenti clandestini. Sono parimenti condivisibili gli adeguamenti apportati per rendere omogenee e razionali le disposizioni normative sull’uccisione ed il maltrattamento con le fattispecie che riguardano animali di proprietà oppure la fauna selvatica protetta, mediante la soppressione del primo comma dell’art. 638 e dell’art. 727 bis del codice penale e l’introduzione dell’art. 452 sexies c.p. E’ attesa con ansia la riforma della disciplina della custodia giudiziaria degli animali con la possibilità di cessione definitiva nelle more del giudizio e la pdl C. 30 va esattamente in questa direzione. E’ opportuna inoltre la prevista istituzione di centri di accoglienza di animali vittime del reato, in quanto accade spesso che la carenza di questa strutture determini di fatto l’impossibilità di eseguire sequestri oppure determina che gli animali vengono trasferiti in posti dove la loro condizione di vita non migliora sensibilmente rispetto a quella precedente. 

La proposta di legge C. 468 a firma dell’onorevole Dori costituisce una valida integrazione della proposta di legge dell’onorevole Brambilla, in quanto tutte le disposizioni che si intendono modificare con questa pdl non solo non confliggono con quelle di cui alla pdl 30 ma vanno nella direzione di contrastare e prevenire efficacemente la violenza soprattutto minorile sugli animali e l’escalation di condotte violente, anche con il passaggio dalla violenza sugli animali a quella sulle persone, e in Italia si riscontrano fenomeni sempre più preoccupanti in questo senso, come testimoniato dalla cronaca anche recente.

giovedì 1 febbraio 2024

UCCISIONE DI AMARENA – CARENZE DEL SISTEMA SANZIONATORIO E NUOVE PROSPETTIVE PER OTTENERE PENE ADEGUATE - pubblicato su Terre dell'Orso n. 17 - dicembre 23

L’uccisione dell’orsa Amarena è stata un crimine gravissimo non solo perché ha tolto la vita ad un animale particolarmente tutelato a livello comunitario, ma anche perché ha colpito al cuore l’intera Regione Abruzzo, che ama questi animali, simbolo della Regione stessa, ed in particolare amava questa mamma orsa. A differenza del clima di ostilità verso gli orsi che si coglie in Trentino da parte delle Amministrazioni e di buona parte della popolazione locale, le comunità abruzzesi fuori e dentro ai parchi hanno sempre dimostrato di voler convivere con gli orsi, seppure non siano mancati in passato atti di bracconaggio e comportamenti poco lungimiranti da parte di alcune amministrazioni in ordine alla tutela degli habitat degli orsi e all’adozione delle cautele da adottare per evitare problemi di confidenza (ricordiamo la lettera del presidente dell’associazione Salviamo l’Orso Stefano Orlandini al Sindaco di Roccaraso per chiedere di gestire diversamente la raccolta della spazzatura che attira questi animali a proposito delle incursioni di Juan Carrito, figlio di Amarena, anche lui poi morto tragicamente lungo la strada statale 17 all'altezza di Castel di Sangro).

Tra gli episodi più gravi del recente passato vi è l’uccisione dell’orso di Pettorano sul Gizio nel 2014, che l’associazione Salviamo l’Orso ha seguito sin dall’inizio e la cui vicenda giudiziaria si è conclusa con la condanna al risarcimento del danno in capo all’autore di questo crimine. Quest’ultimo si era difeso in giudizio sostenendo di aver dovuto sparare per difendersi dall’aggressione dell’orso, colto in flagranza mentre stava predando il suo pollaio. In primo grado il Giudice del Tribunale di Sulmona aveva creduto a questa tesi difensiva, che è stata poi sconfessata in appello grazie al riesame della consulenza balistica, che ha acclarato che non vi era stata alcuna legittima difesa, ma piuttosto una deliberata uccisione dell’orso colpito da dietro mentre si stava allontanando dal pollaio.

In quel caso non vi è stata una condanna penale in quanto il giudizio di appello è stato promosso dalle parti civili e l’appello del Pubblico Ministero per motivi processuali è stato dichiarato inammissibile. Tuttavia, si è trattato di un verdetto storico perché per la prima volta vi è stata una condanna in un processo indiziario per l’uccisione di un animale basata su prove di tipo scientifico e l’associazione Salviamo l’Orso ha poi perseguito l’autore del crimine con un’azione esecutiva civile che continua tuttora a dare i suoi frutti.

Confidiamo che anche nel processo che dovrà aprirsi per la morte di Amarena le indagini scientifiche possano consentire di ricostruire esattamente la dinamica dell’uccisione, anche perché le indagini autoptiche e quelle balistiche sono state affidate agli stessi periti che avevano lavorato sul caso di Pettorano con indubbia competenza.

Ciò che difetta, purtroppo, è un adeguato sistema sanzionatorio. Il reato che probabilmente sarà contestato all’esito delle indagini è quello di cui all’art. 544 bis c.p., che prevede la pena fino a due anni di reclusione per l’uccisione di animali. Sono molti gli strumenti processuali che rendono difficilmente scontabile in concreto una pena così blanda. Peraltro, il codice penale contiene una specifica norma per l’uccisione di un esemplare di specie di fauna selvatica protetta (come l’orso) che prevede una pena massima addirittura inferiore a quella sopra menzionata e cioè la pena fino a sei mesi di arresto. E’ importante che si acceleri l’iter dei disegni di legge che prevedono un generale inasprimento delle pene per l’uccisione degli animali e l’aggravamento delle pene nel caso si tratti di fauna particolarmente protetta. Sul punto vi è anche una proposta formalizzata dall’onorevole Pagano per elevare la pena per l’uccisione di esemplari di orso marsicano fino a due anni di arresto oltre all’ammenda fino a 10.000 euro, presentata proprio a seguito della vicenda dell’orsa Amarena, che andrebbe rivista nell’ambito di un generale inasprimento del sistema sanzionatorio.

L’associazione Salviamo l’Orso, che ha sporto denuncia insieme alle altre maggiori associazioni nazionali di protezione animale per l’uccisione di Amarena, ha recentemente depositato delle memorie con le quali, per ottenere una risposta sanzionatoria adeguata, ha chiesto al PM di Avezzano Maurizio Maria Cerrato di voler ravvisare in questo terribile crimine anche gli estremi del furto venatorio, contestabile nei casi di abbattimento di fauna selvatica commessi da persona non munita di licenza di caccia,  nonché gli estremi del reato di cui all’articolo 452 bis c.p., che punisce con la reclusione da due a sei anni e con la multa da euro 10.000 a euro 100.000 quelle condotte abusive di “compromissione” o “deterioramento” significativi e misurabili di un ecosistema, della biodiversità, anche agraria, della flora o della fauna.

Ed invero, la scomparsa dell’orsa Amarena, oltre a mettere in pericolo la vita dei suoi giovani cuccioli, privati della loro madre con gravi rischi per la loro stessa sopravvivenza, ha causato la perdita di una delle femmine più prolifiche della storia recente della popolazione di orso marsicano.

Il Rapporto orso marsicano del 2022 riferisce che qualsiasi variazione nel numero di femmine che si riproducono ogni anno può influire drasticamente sull’andamento della popolazione. Nel Rapporto si legge inoltre che “(..) il tasso riproduttivo delle femmine di orso bruno marsicano, ossia il numero medio di piccoli che una madre riesce ad allevare ogni anno, è pari soltanto a 0.18, uno tra i più bassi noti in Europa e non solo”. Se la sopravvivenza media delle femmine o i tassi riproduttivi non aumenteranno nel futuro, è possibile, pertanto, che questa popolazione rimarrà estremamente ridotta e addirittura a rischio di estinzione. E’ evidente, pertanto, il danno ambientale conseguente all’uccisione di Amarena.

L’associazione Salvamo l’Orso, unitamente alle altre associazioni costituitesi come persone offese, si è insomma attivata per sostenere che l’uccisione di Amarena abbia integrato una pluralità di fattispecie penalmente rilevanti, coinvolgendo altrettanti beni giuridici lesi dalla condotta: il sentimento per gli animali, il patrimonio dello Stato e l’ambiente inteso nella sua accezione unitaria. E se è vero che è dovere delle collettività e delle loro amministrazioni non danneggiare il bene ambientale, ma anzi tutelarlo e promuoverne la valorizzazione, con l’uccisione di Amarena emerge con tutta evidenza che deve sussistere un analogo dovere anche in capo ai singoli i quali, in caso di violazione del dovere di tutela dell’ambiente e degli animali che vi fanno parte, devono finalmente essere destinatari di pene severe e proporzionate alla gravità del fatto commesso.