Ieri sera l’Aula della Camera dei
Deputati ha approvato l’articolo 16 del Disegno di Legge Comunitaria 2011 che
prevede criteri restrittivi per il recepimento della direttiva europea sulla
vivisezione.
Anche se non nell’ottica della
totale abolizione della sperimentazione sugli animali, il predetto articolo,
fra l’altro, chiude gli allevamenti di cani, gatti e primati non umani come
quello “Green Hill”, obbliga all’uso di anestesia e analgesia, incentiva i
metodi alternativi. Si tratta, dunque, di un importante risultato.
Quando parliamo di sperimentazione
animale stiamo purtroppo facendo ancora riferimento ad una pratica appartenente
al passato remoto della storia dell’uomo, che poteva avere un senso quando si
muovevano i primi passi nella storia della scienza e della medicina, e si cercava
di studiare la morfologia degli animali e di compararla a quella degli uomini.
Ma stiamo parlando dei tempi del Corpus Hippocraticum e dei Procedimenti anatomici di Galeno. Oggi
questa pratica ha perduto la propria scientificità, ed è solo una delle tante
testimonianze di come l’uomo ritiene di poter disporre della vita degli animali.
Le associazioni animaliste considerano dunque
l'abolizione della sperimentazione animale fra i propri obiettivi principali, non
solo per motivi scientifici, ma anche per motivi etici.
Dal punto di vista scientifico,
l’inaffidabilità della sperimentazione su “modello animale” ai fini della
ricerca biomedica è stata ufficializzata da organi della massima importanza e
credibilità negli ultimi anni, quali il Consiglio Nazionale delle Ricerche
statunitense, che ha invocato la necessità di un “cambiamento epocale” nella
ricerca tossicologica attraverso un “passaggio da un sistema basato sullo
studio dell’animale ad un sistema basato sui metodi in vitro, oggi in grado di
valutare il modo in cui una sostanza altera la funzione dei geni nella cellula
umana”. Si tratterebbe di una svolta epocale, paragonata alla scoperta del DNA
o alla nascita del primo computer. Perché il futuro della ricerca è certamente
nell’uso delle staminali e del tessuto di colture umane.
Tali concetti sono stati espressi anche nel “Settimo Congresso Mondiale sui metodi alternativi e la sperimentazione
animali”, tenutosi a Roma due anni fa. Contestualmente, però, veniva approvata
la Direttiva 2010/63 sull’utilizzo degli animali per fini scientifici, e le
associazioni protezioniste hanno immediatamente richiesto che nell’iter di
recepimento nazionale della predetta Direttiva venissero inserite disposizioni
per favorire lo sviluppo concreto di metodi che non facessero uso di animali,
limitando nei fatti il ricorso a questi ultimi, per un futuro basato su una
ricerca scientificamente corretta e libera dal vincolo arretrato del modello
animale.
E’ questo è ciò che sta avvenendo, con l’approvazione
di ieri alla Camera e con il prossimo passaggio al Senato del testo contenente
l’emendamento che stabilisce i criteri per il recepimento della detta direttiva.
Nella giornata di ieri, proprio mentre la
Camera stava discutendo, nell’ambito della Legge Comunitaria, il testo per il recepimento
della direttiva (riuscendo a respingere la cancellazione delle lettere
riguardanti il divieto di allevamenti e l’obbligo di analgesia), le principali
associazioni animaliste hanno organizzato nella Sala delle Colonne della Camera
dei Deputati un convegno per spiegare le proprie ragioni a sostegno dell’emendamento
proposto.
Io sono intervenuto, per conto della Lega
Nazionale per la Difesa del Cane, per commentare il punto b) dell’emendamento.
Con tale norma è stato “vietato
l’utilizzo di scimmie antropomorfe, cani, gatti e specie in via di estinzione a
meno che non risulti obbligatorio da legislazioni e da farmacopee nazionali o
internazionali o non si tratti di ricerche finalizzate alla salute dell’uomo o
delle specie coinvolte, condotte in conformità ai principi della direttiva
2010/63/UE, previa autorizzazione del Ministero della Salute, sentito il
Consiglio Superiore di Sanità”.
Bisogna dire che l’articolo 2 della
direttiva europea permette di mantenere “misure nazionali più rigorose”, ed i
cani randagi devono continuare a non essere utilizzati negli esperimenti come è
in Italia dal 1991, a seguito dell’approvazione della legge quadro sul
randagismo 281/91 e poi del Decreto Legislativo 116 del 1992, che prevedevano già
norme più restrittive rispetto a quelle europee.
Difatti la legge 281/91 già vietava in ogni caso la
sperimentazione su cani randagi catturati o provenienti da canili o associazioni
protezionistiche ed il maltrattamento di gatti che vivono in libertà, e puniva
chiunque facesse commercio di cani o gatti al fine di sperimentazione.
Il Decreto Legislativo
116 del 1992, inoltre, prevedeva il divieto di eseguire sperimentazioni su
cani, gatti, primati, specie in via di estinzione
L’emendamento in questione, a ben vedere,
fa ora riferimento non a tutti i “primati”, ma alle sole “scimmie antropomorfe”,
che sono molto costose e poco usate in Italia.
Ad ogni modo, anche se l’ambito di
applicazione è molto ridotto, bisogna ricordare come gran parte delle predette
scimmie antropomorfe (Gorilla, orangutan, bonobo, gibboni e scimpanzé) finora è
provenuta da catture allo stato selvatico, dove tutto il nucleo familiare viene
ucciso per prelevare il piccolo che poi affronta viaggi transoceanici rinchiuso
in piccoli contenitori per raggiungere l'Europa e, come ultima tappa, il
laboratorio. La restrizione della sperimentazione su queste specie va incontro
al Progetto Grandi Scimmie Antropomorfe , che si propone di ottenere, da parte
dell'ONU, una Dichiarazione
dei Diritti delle Grandi Scimmie Antropomorfe che estenda a tutti i primati antropomorfi alcuni dei
diritti già riconosciuti all'Uomo,
come il diritto alla vita, alla protezione della libertà individuale e alla
protezione dalla tortura.
Raffrontando il testo del punto b dell’attuale
emendamento con quello del Decreto Legislativo 116/02, dobbiamo evidenziare che
quest’ultimo prevedeva che solo in casi eccezionali potevano essere autorizzati
dal Ministero della Sanità procedure sperimentali in deroga ai divieti sopra
richiamati, e cioè solo nei casi in cui obiettivo della ricerca fossero verifiche
medico biologiche considerate “essenziali” e fosse dimostrato che nessun altra
specie era idonea agli scopi dell'esperimento.
Con l’attuale previsione normativa, che
consente le deroghe al divieto di sperimentazione sulle predette specie solo
dove ciò risulti “obbligatorio” in base a legislazioni e farmacopee nazionali o
internazionali o si tratti di ricerche espressamente finalizzate alla salute
dell’uomo, devono a mio giudizio ritenersi non più consentiti molti test per la
ricerca di base che coinvolgano i predetti animali, e che invece potevano
rientrare nel più ampio concetto di “verifiche medico biologiche essenziali”.
La valutazione di queste circostanze, che
appare assai delicata, va condotta dal Ministero della Salute, sentito il
Consiglio Superiore di Sanità, caso per caso escludendo l'applicazione del
principio di analogia o di estensione.
l dati di cui disponiamo
sulle autorizzazioni in deroga, pubblicate a seguito di una sentenza del Tar
che ha cancellato il “segreto” in materia, evidenziano infatti nel biennio
2008-2009 un incremento del
50%, quando invece era stato promesso un regolamento sempre più restrittivo.
Quindi occorre molto rigore nella valutazione delle predette circostanze per il
rilascio dell’autorizzazione.
L’emendamento in commento è nel complesso
restrittivo rispetto alla direttiva europea, anche se molto rimane da fare. Ad
oggi il numero di animali usati per fini sperimentali rimane sulla soglia dei
12 milioni all’anno. L’Italia mantiene tristemente il quinto posto nella
classifica degli animali usati, dopo Francia, Regno Unito, Germania e Spagna. Questa
attuale deve essere vista, dunque, come una tappa di un percorso che dovrà
portare alla totale messa al bando della sperimentazione sugli animali. Sono
s’accordo con noi non solo molti scienziati, ma anche la grande maggioranza dei
cittadini che credono nei diritti degli animali quali esseri senzienti (ricordo
a tal proposito l’art. 13 del Trattato di Lisbona, che riconosce questa
qualifica agli animali). Per questo sarà necessaria una successiva legge che
consenta di proteggere definitivamente sia gli animali che la nostra salute
mediante la sostituzione della sperimentazione in vivo con le più moderne
tecniche di ricerca scientifica, che devono essere adeguatamente finanziate.
Per
sapere come hanno votato sugli emendamenti per non far chiudere Green
Hill (votazione n.27
della giornata) e per non rendere
obbligatoria anestesia e analgesia nei test (votazione n.30 della giornata) vai su: http://www.camera.it/_dati/leg16/lavori/stenografici/sed580/v003.pdf
Per informazioni sul Convegno
unitario che le associazioni animaliste hanno tenuto a Roma nella Sala delle
Colonne della Camera dei Deputati vai su: http://www.lav.it/index.php?id=1080