mercoledì 6 agosto 2014

Buendìa in festa - intervento su bonifiche e inquinamento: la situazione del fiume Alento ed il futuro del porto


Molte sono le emergenze ambientali nella nostra Regione. Proprio in questi ultimi giorni le associazioni ambientaliste hanno lanciato l’allarme per il piano di stoccaggio del gas a Poggiofiorito, per cui è stato sollecitato e poi deciso, da parte della nostra Provincia, un ricorso al TAR contro il progetto della Gas Plus srl finalizzato a perforare il sottosuolo per ricavare due nuovi serbatoi sotterranei, oltre all’ammodernamento dell’impianto già utilizzato per l’estrazione da parte della Snam-Eni dalla fine degli anni Sessanta, sul presupposto che vi siano rischi di scosse sismiche in una zona già precaria dal punto di vista idrogeologico.
Altro enorme rischio ambientale è dato dalla recente approvazione del progetto relativo alla realizzazione di tre nuovi pozzi petroliferi davanti alla costa vastese da parte del Comitato VIA nazionale, che il 6 giugno ha espresso parere positivo sul progetto di ampliamento di “Rospo Mare” da parte della Edison spa, concessione attiva da diversi anni. Si tratta di un progetto presentato nel 2009, da realizzarsi a 11,5 miglia dalla costa tra Vasto e San Salvo, che è andato avanti nonostante l'introduzione, con il Decreto Prestigiacomo del 2010, del divieto di estrazione nelle 12 miglia, grazie al famoso Decreto Passera del 2012, con il quale i procedimenti in corso sono stati "salvati". La stessa cosa è avvenuta con il progetto “Ombrina Mare”. Guarda caso, gli uffici ministeriali non hanno chiuso i procedimenti quando era entrato in vigore il decreto Prestigiacomo, e poco dopo è arrivato provvidenzialmente il decreto Passera, votato in modo bipartisan, che ha sistemato la questione.
L’assessore regionale all’ambiente Mario Mazzocca ci ha assicurato che l’Abruzzo non sarà trasformato in un distretto minerario, e che la Regione ha presentato una mole di osservazioni sull’incompatibilità ambientale e sulle incongruenze tecniche del progetto. Non ci resta che sperare bene, dunque.
Anche l’amministrazione comunale di San Vito Chietino ha depositato al Ministero dell'Ambiente le osservazioni utili a contrastare l'installazione dell'impianto Ombrina Mare, che prevede - lo rammentiamo - non solo la costruzione di una piattaforma, ma anche una rete di oleodotti, a meno di 9 chilometri dalla costa, che ovviamente andrebbero a deturpare uno dei punti più belli del costituendo Parco Nazionale della Costa dei Trabocchi.
Nel frattempo la Petroceltic Italia, società controllata dall’irlandese Petroceltic International, ha presentato al ministero dell’Ambiente l’aggiornamento dello studio di impatto ambientale richiesto per il riavvio della procedura di Via per il pozzo esplorativo a mare Elsa 2, situato a circa 7 chilometri al lago della costa tra Francavilla e Ortona, progetto già bocciato nel 2011 dal VIA nazionale ed ora riproposto, dopo appena tre anni dalla predetta bocciatura, probabilmente visto l’atteggiamento di favore per le trivellazioni del nostro Governo nazionale.
Anche sul fronte delle bonifiche dei siti inquinati, l’attuale Governo si pone in continuità con quello precedente sotto il profilo dello snellimento delle procedure, a discapito del risultato finale, tanto che il recente Decreto "competitività" prevede evidenti semplificazioni delle bonifiche, insieme a norme che vanno dagli impianti fotovoltaici ai dragaggi, nonostante la Corte Costituzionale abbia dichiarato incostituzionali, già nel 2012, i cosiddetti provvedimenti "omnibus".
Già il Governo Monti aveva declassato 18 Sin (Siti di Interesse Nazionale, così classificati per il loro altissimo inquinamento e la loro enorme pericolosità) portando il totale in tutta Italia da 57 a 39. Tra i siti declassati da Monti ci furono persino la “Terra dei Fuochi” e la “Valle del Sacco”, ma in quest’ultimo caso la Regione Lazio e il Comune di Ceccano hanno promosso un ricorso contro il declassamento, pienamente accolto dal Tar Lazio, che ha chiarito che non solo è stato sbagliato declassificare alcuni siti, ma addirittura ne andavamo individuati altri.
Tra i siti declassificati c’è anche quello che riguarda il nostro fiume Alento, che quindi vede svanire la possibilità di una bonifica sottoposta a controlli ministeriali.
Occorre ricordare, proprio in relazione alla vicenda del porto, che il relativo progetto, come noto, era stato sottoposto alla procedura di Valutazione di Impatto Ambientale, con esito positivo, ed anche la conferenza di servizi sul progetto definitivo si era parimenti conclusa con esito positivo. Solo successivamente, proprio con l’intervento del Ministero dell’Ambiente sollecitato dalle associazioni ambientaliste, venne segnalato che il piano di caratterizzazione dell’area da destinare all’approdo per piccola pesca e turismo era carente di informazioni basilari quali la corretta estensione del sito e l’elenco degli analiti da ricercare.
Con una successiva nota, il predetto Ministero ha riferita al Comune di Francavilla che la Regione Abruzzo aveva trasmesso i dati definitivi delle attività di caratterizzazione svolte dall’ARTA, che avevano riguardato le aree pubbliche o a destinazione agricola ricomprese nel perimetro del SIN, e che le predette indagini avevano evidenziato un quadro di contaminazione che investiva il suolo e il sottosuolo (diossine in alcune trincee), le acque superficiali e sotterranee, sedimenti marini e fluviali, e pertanto chiedeva l’adozione delle idonee misure di sicurezza. Successivamente, le autorizzazioni già concesse per la realizzazione dell’approdo piccola pesca e turistico vennero sospese.
Restano ancora prive di risposta le domande che allora ponemmo all’attenzione dell’opinione pubblica, e cioè: com’è stato possibile che nessuno si fosse accorto che occorrevano delle autorizzazioni ministeriali per eseguire l’opera? Com’è stato possibile che la procedura per la VIA si fosse conclusa con esito positivo?
C’è poi il capitolo che riguarda l’impegno di spesa. Inizialmente il progetto del porto era basato su un project financing: il privato, oltre ad accollarsi la gestione del porto, avrebbe dovuto avere la possibilità di costruire edifici con un accordo di programma. Il progetto iniziale era assurdamente mastodontico, ma il Servizio Urbanistico Provinciale ha fatto presente che il progetto, che prevedeva la costruzione della foresteria, non era fattibile per l’assetto idrogeografico dei siti (praticamente per le stesse motivazioni esposte del comitato antiporto).
Noi continuiamo a sostenere che quell’area, vista la situazione che si è verificata, debba essere destinata ad accogliere un piccolo approdo, ma rigorosamente ispirato a criteri di sostenibilità ambientale, in quanto l’opera, così come progettata, presenta costi che superano di gran lunga i benefici.
Infatti, qualora fossero sbloccate le autorizzazioni (cosa ora più semplice con il passaggio dell’area da SIN a SIR), occorrerebbe vedere quanto verrebbero a costare i ripascimenti necessari per evitare l’erosione della costa a sud, che ha già dato enormi problemi, tanto che ultimamente la Regione Abruzzo ha stanziato centomila euro per il ripascimento.
In tutte le città dove sono stati realizzati porti su fondali sabbiosi, si sono verificati fenomeni di erosione delle coste, oltre a problemi di insabbiamento del porti stessi (si veda il caso di Pescara).
La valutazione favorevole, ora sospesa, che era stata data dal Servizio Valutazioni Ambientali della Regione Abruzzo prevedeva infatti che dovesse essere comunque effettuato “un ripascimento, con cadenza annuale, da effettuarsi a cura e spese del Comune di Francavilla al Mare, per il tratto di arenile di circa 600 metri a partire dalla banchina sud verso il pontile e per un volume non inferiore a 30.000 metri cubi totali, in modo da mantenere l’attuale posizione della linea di battigia”. I costi che abbiamo sviluppato secondo i prezziari regionali ci danno una spesa di circa 400.000 euro annui. Ce lo possiamo permettere?
Una proposta alternativa potrebbe prevedere la parziale modifica del progetto e l’installazione di pontoni galleggianti nella parte che si protende verso il mare, strutture modulari già sperimentate in molte città di mare, che oltre ad essere più economiche sono meno impattanti perché vengono solo ancorate sul fondo, consentendo il flusso della sabbia, con conseguente importante riduzione dei fenomeni di erosione.

Ad ogni modo, attediamo tutti con ansia una sistemazione definitiva di questa vicenda che contemperi l’esigenza di portare a termine i lavori con la bonifica e la salvaguardia del fiume Alento.

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