domenica 28 febbraio 2021

intervento al webinar "Non è un Paese per orsi" organizzato da Assemblea Antispecista e Centro Sociale Bruno (24/2/21) - "Il punto sulle ultime sentenze e ricorsi"

Limitando l’analisi agli ultimi provvedimenti della giustizia amministrativa, non possiamo che partire proprio dalla sentenza del Consiglio di Stato su M49 (sentenza n. 571/2021), che ho seguito personalmente insieme all’avvocato Paolo Letrari di Rovereto per conto della LNDC Animal Protection.

Il motivo principale del nostro ricorso era che la PAT aveva agito per le “vie brevi”, cioè quelle dell’ordinanza contingibile e urgente, senza optare per la procedura ordinaria (di cui al combinato disposto dell’art. 19, l. n. 157 del 1992 e dell’art. 11, d.P.R. n. 357 del 1997) e senza che vi fosse un pericolo attuale ed imminente per la pubblica incolumità, che era il solo presupposto che poteva legittimare questa procedura d’urgenza.

Qui è bene essere molto chiari sul punto, perché è fondamentale per capire i termini della questione giuridica.

Nel nostro ordinamento, anche prima dell’adozione della “direttiva habitat” 92/43/CEE e del suo regolamento di attuazione (il d.P.R. n. 357 del 1997), era stata introdotta la disciplina di tutela delle specie protette e del prelievo venatorio con la l. 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), che all’art. 1 annovera la fauna selvatica nel patrimonio indisponibile dello Stato e, all’art. 2, per alcune specie, tra le quali l’orso e il lupo, prevede un particolare regime di protezione.

Alla disciplina statale di tutela delle specie protette contenuta nella l. n. 157 del 1992 si è poi sovrapposto il regolamento attuativo della “direttiva habitat”, di cui al d.P.R. n. 357 del 1997; tale normativa prevede una protezione rigorosa per l’orso e il lupo e attribuisce il potere di autorizzare la deroga al divieto di cattura o uccisione delle specie protette al solo Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentiti per quanto di competenza il Ministro per le politiche agricole e l’Ispra “a condizione che non esista un’altra soluzione valida e che la deroga non pregiudichi il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie interessata nella sua area di distribuzione naturale […]” (art. 11, comma 1).

In effetti, oltre al Ministro dell’Ambiente, anche il Presidente della PAT ha il potere di ordinare la cattura o l’uccisione di un orso, in base ad una legge della provincia autonoma (la L. 9/2018, la cui costituzionalità è stata riconosciuta con la sentenza della Corte Costituzionale del 27 settembre 2019, n. 215), però sempre previo parere dell’ISPRA che in questo caso non ha acclarato la pericolosità dell’orsa, se non in modo potenziale (ma questa valutazione in termini potenziali sarebbe sempre sussistente).

Ma, attenzione, il Presidente della PAT non ha utilizzato questo strumento normativo, bensì ha usato i poteri contingibili e urgenti ex artt. 52, comma 2, d.P.R. n. 670 del 1972 e 18, comma 2, l. reg. Trentino Alto Adige n. 1 del 1993, sul presupposto che M49 fosse un pericolo per la sicurezza e l’incolumità pubblica. Ricordo già da adesso che M49 non ha mai aggredito nessuna persona essendosi solo avvicinato ad alcune baite o malghe disabitate in cerca di cibo e ha sì ucciso degli animali, provocando solo dei danni. E’ un orso “dannoso” ma non “pericoloso” stando alla classificazione del PACOBACE.

Ma la pericolosità cui fa riferimento il provvedimento che abbiamo impugnato è intesa in senso generico e non tecnico. Il Presidente della PAT ha stabilito che l’orso era pericoloso, punto e basta, e ha attivato la procedura d’urgenza.

In realtà, prima di attuare questa procedura d’urgenza, il Presidente della Provincia aveva attivato la procedura ordinaria, chiedendo al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, attraverso l’invio di più note, l’autorizzazione alla rimozione dell’animale. Però il Ministero, con nota del 17 maggio 2019, aveva negato l’autorizzazione sulla base dei pareri del 2 aprile 2019 e del 6 maggio 2019 dell’Ispra.

Il Consiglio di Stato ha affermato che il Ministero dell’Ambiente non aveva risposto alle “diffide” della PAT, ma allo stesso tempo ha dovuto riconoscere che queste diffide erano del tutto irrituali e che comunque il Ministero aveva già dato il suo parere contrario.

L’ISPRA, inoltre, non aveva e non ha mai dato un assenso alla captivazione permanente. Ma il Consiglio di Stato ha affermato che l’ISPRA non aveva neppure dato un espresso parere contrario alla cattura e da questa semplice considerazione ha fatto derivare un ulteriore argomento di legittimità dei provvedimenti della PAT.

Su quello che era un punto focale della vicenda, relativo alla pericolosità dell’orso che poteva legittimare l’adozione di un provvedimento urgente di rimozione, il Consiglio di Stato ha affermato che la valutazione in ordine alla pericolosità degli episodi di cui si era reso protagonista il plantigrado M49 aveva carattere prettamente discrezionale ed era quindi sindacabile in sede giurisdizionale solo in caso di manifesta illogicità o irragionevolezza. E’ evidente che, se le cose stessero così, diventa impossibile fare annullare una ordinanza di cattura permanente, a meno che il Presidente della PAT non scriva nell’ordinanza che si vuole divertire a vedere gli orsi chiusi dietro le sbarre o altri argomenti di questo genere.

Noi abbiamo segnalato che da nessun atto dell’istruttoria si poteva desumere l’esistenza di un pericolo “immediato”, il solo che potesse giustificare un provvedimento urgente che scavalcava le competenze ministeriali, ma secondo il Consiglio di Stato non era contraddittorio il fatto che il pericolo fosse ritenuto allo stesso tempo “probabile” e “immediato”, perché non era necessario attendere il verificarsi di un evento di ancora maggiore gravità di quelli oggetto delle diverse relazioni intervenute nel tempo. E’ evidente che si tratta di considerazioni che non hanno alcuna base giuridica.

Insomma, su quello che doveva essere il punto focale della questione, il Consiglio di Stato ha di fatto glissato, a mio avviso consapevolmente.

A riprova di quanto detto, segnalo che lo stesso Consiglio di Stato ha sentito la necessità di affermare che il fatto che nel caso di M49 abbia ritenuto legittimo il provvedimento del Presidente della PAT, “non significa certo che, in generale, la Provincia Autonoma possa procedere con atti di tal genere che, come appena detto, sono sindacabili e annullabili ove irragionevoli”. Quindi, con atti di tal genere non si dovrebbe procedere. Però, la PAT dovrebbe davvero impegnarsi a confezionare un atto che appaia irragionevole, visto che la valutazione in ordine alla pericolosità è discrezionale, come dice il Consiglio di Stato. Quindi è come se il Consiglio di Stato dicesse: non si può procedere in questo modo, ma se lo si fa, la magistratura amministrativa non può intervenire a meno che l’atto non appaia irragionevole, cosa che però, praticamente, non accadrà mai.

Altro passaggio in cui si nota che il Consiglio di Stato ha cercato di scrollarsi di dosso il peso della condanna all’ergastolo per M49 la si rinviene nell’esortazione finale ad “assicurare all’esemplare posto in captivazione un habitat il più vicino possibile a quello naturale, per non costringere tale esemplare a vivere in uno stato di abbrutimento che, oltre a sostanziarsi in forme di maltrattamento, finisce per rendere ancora più aggressivo il plantigrado”, con un espresso invito alle competenti Autorità ad eliminare le condizioni di inadeguatezza del Casteller, “fonte di responsabilità che in altre sedi potranno essere valutate”.

Nella sentenza non viene espressamente citata l’autorità competente ad eliminare le condizioni di inadeguatezza del Casteller, ma viene citata nella successiva ordinanza del Consiglio di Stato n. 329/21 R. Prov. Caut., relativa al caso di M57, che richiama espressamente la sentenza n. 571/2021, e si tratta del Ministero dell’Ambiente.

Questa ordinanza cautelare è molto interessante, perché, in relazione alla cattura di M57 manca del tutto la valutazione dell’ISPRA sui presupposti della captivazione (c’è solo una relazione che non riguarda il caso del carabiniere che sarebbe stato aggredito) e ci sono lacune istruttorie enormi (mancano le stesse dichiarazioni del carabiniere inerenti le modalità dell’aggressione) ma il Consiglio di Stato, in qualche modo messo “alle strette” di fronte alle carenze istruttorie, finisce con l’affermare che “l’avvenuta esecuzione del provvedimento, peraltro valutata unitamente al probabile stato di letargo dell’animale, ha già prodotto effetti tali da non consentire l’adozione di una misura di sospensiva”.

Siamo di nuovo di fronte ad una “non decisione”, o – meglio, ad una decisione che non ha basi giuridiche, ma solo di opportunità, così come è avvenuto per M49. Tanto nel caso di M49, deciso con sentenza, che in quello di M57, deciso con ordinanza cautelare, l’accoglimento degli appelli avrebbe comportato la remissione in libertà degli orsi. A questo punto c’è da chiedersi: ma la magistratura si sarebbe mai presa o si prenderebbe mai la responsabilità di aprire la gabbia ad un orso? I provvedimenti esaminati ci forniscono una indicazione. Su M49, andando a stringere, il Consiglio di Stato, a fronte delle nostre argomentazioni che evidenziavano che in nessun atto si dava contezza di un pericolo attuale, con conseguente illegittimità di un provvedimento di urgenza che si basava proprio sull’attualità del pericolo, ha affermato di non potere sindacare la valutazione in ordine alla pericolosità. Per M57, il Consiglio di Stato, non potendo negare le enormi carenze istruttorie, ha laconicamente affermato che il provvedimento aveva prodotto effetti tali da non consentire l’adozione di una misura sospensiva. Insomma, una volta ingabbiati è difficile pensare che gli orsi possano essere rimessi in libertà a seguito di un provvedimento di un giudice.

E’, invece, più facile ottenere una misura cautelare se il provvedimento non è stato ancora eseguito. E’ quello che è successo per JJ4, che sta passando l’inverno in letargo coi suoi tre cuccioli sulle montagne del Trentino. In questo caso il Consiglio di Stato, a seguito del ricorso di Enpa, Oipa, in cui siamo intervenuti anche noi come LNDC Animal Protection, ha fatto conseguire una valutazione diversa all’accertamento dell’insufficienza dell’istruttoria sulla pericolosità dell'orsa ed ha accolto l’appello, lasciando l’orso in libertà (cfr. ordinanza 7065/20).

Chiudo segnalando che stiamo verificando la possibilità di ricorrere alla Corte di Giustizia Europea per il caso di M49, fermo restando che al massimo vi potrà essere un provvedimento sanzionatorio in caso di violazione della direttiva habitat per la mancata valutazione circa i rimedi alternativi alla captivazione permanente (quale la cattura con il successivo rilascio con il radiocollare) e lo stato di conservazione della specie.

 

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