La LNDC sostiene convintamente la proposta della Carta di Roma per il
recupero di animali salvati non a fine di lucro, e condivide l’impostazione di
fondo, che evidenzia la necessità di delineare un quadro normativo tuttora
inesistente per istituire e regolamentare le strutture di recupero per gli
animali sequestrati e confiscati.
Le problematiche attinenti ai sequestri di animali oggetto
di maltrattamento erano impensabili un decennio fa, quando la L. 189/04 non era
ancora stata emanata. Molte di queste problematiche sono state evidenziate nel
corso di questo incontro. Io vorrei concentrarmi su un ulteriore tema che
attiene ad alcuni aspetti delle odissee giudiziarie che riguardano la gestione
degli animali sequestrati, e che riguardano il reperimento delle strutture ove
mantenere gli animali sequestrati, i costi di mantenimento degli animali, ed
infine – ma non da ultimo – la sorte di questi ultimi in caso di sentenze
assolutorie.
Il punto di partenza del ragionamento che vorrei fare è lo
stesso che utilizziamo per affrontare altri problemi, e che è peraltro molto
semplice. Gli animali non sono cose, e ad essi non può essere applicata una
normativa prevista per il sequestro e la confisca di beni materiali.
Gestire un sequestro di un carico ingente di droga o di armi
è assai più semplice che gestire un sequestro di animali, specialmente se si
tratta di animali esotici. In un caso che ho seguito personalmente, e la cui
udienza in cassazione si è svolta due giorni fa, relativo ad un sequestro di
animali esotici di un circo il cui titolare è stato condannato in primo e
secondo grado per la detenzione degli animali incompatibile con la loro natura
(siamo ora in attesa della sentenza della Suprema Corte), vi sono state
difficoltà enormi per la collocazione degli animali, in particolar modo per gli
alligatori, affidati ad una struttura di recupero francese.
In un caso assai più semplice di alcuni giorni fa, relativo
ad una bertuccia sequestrata perché oggetto di maltrattamento da parte di un
privato (che non ho ancora capito come mai ne fosse in possesso),
quest’animale, nell’immediatezza del sequestro, è stato addirittura collocato
presso un canile, e siamo ancora in attesa del suo trasferimento in un centro
di recupero!
Ma vi sono difficoltà non da poco conto anche per ciò che
attiene al sequestro di cani, come spesso avviene all’esito di controlli nei
cosiddetti canili lager, perché vi è assoluta carenza di strutture a norma e
con disponibilità di posti.
A differenza che per le cose inanimate, per gli animali
oggetto di sequestro non solo vi è la necessità di collocazione in un luogo
idoneo, ma anche di far fronte alle spese di custodia, perché gli animali
mangiano, si ammalano, insomma hanno dei bisogni che nessuna norma contempla. A
Foggia è successo che sono stati sequestrati trentasei cani ad una signora che
li teneva in un appartamento in condizioni igieniche precarie. Questi cani sono
stati affidati in custodia ad un’associazione che gestiva un canile per un anno
e mezzo, prima di essere riconsegnati alla stessa signora, che nel frattempo si
era trasferita in campagna. Quando l’associazione ha chiesto il rimborso delle
spese di un anno e mezzo di custodia, il Giudice ha liquidato la somma di €
1.274, dicendo che l’ingombro complessivo di trentasei cani era pari a quello di
un autocarro. In pratica si è considerato che trentasei cani in un anno e mezzo
sarebbero rimasti immobile come un camion in un deposito autorizzato. Facendo i
conti, la diaria per ogni cane è stata ritenuta equa nella somma di otto
centesimi al giorno, e questo perché manca una tabella di riferimento. La
questione sta approdando in cassazione, ma è evidente che non possiamo
permetterci di avere questo tipo di lacune normative.
Nel sequestro che stiamo tuttora gestendo, come LNDC, in
relazione ad un canile sequestrato a Trani, convenzionato con oltre dieci
comuni, abbiamo svolto una conferenza di servizi con tutte le amministrazioni e
abbiamo stabilito, convenzionalmente, che questi si sarebbero impegnati a
continuare a corrispondere le stesse somme previste nelle varie convenzioni a
titolo di mantenimento degli animali alla nostra associazione, nominata
custode. Ma nessuna norma imponeva questa soluzione, cui si è pervenuti con i
criteri della ragionevolezza.
Insomma, non solo sul fronte delle strutture, ma anche sui
criteri di gestione e sui rimborsi delle spese di custodia vi è molto da
lavorare.
Infine c’è un’ulteriore questione che, come dicevo, è di non
minore importanza: in caso di assoluzione dal reato contestato, i beni
sequestrati non vanno confiscati, ma restituiti all’imputato assolto. Con
processi che durano anni e anni, non è possibile non tenere conto della
peculiarità della situazione che si verifica quando ad essere sequestrati sono
animali, in particolare quelli d’affezione. Si instaurano rapporti reciproci
tra l’animale ed il custode che è inimmaginabile che possano essere interrotti
dopo anni all’esito di una sentenza di assoluzione. Mi si potrebbe giustamente
obiettare che i diritti di chi si vede sottrarre ingiustamente un animale
debbano essere tutelati e la questione è incredibilmente complessa. Io credo
che un punto di equilibrio sarebbe quello di introdurre nel codice di procedure
penale delle norme che prevedano, un po’ come per le misure cautelari
personali, dei tempi certi e celeri per lo svolgimento delle attività
processuali, anche la conseguenza del mancato rispetto di queste tempistiche
non potrà mai essere la restituzione dell’animale al presunto maltrattatore. Ma
si può prevedere che, superata una determinata soglia temporale, il custode può
“riscattare” l’animale, indennizzando il precedente proprietario. Per il caso
dei beagle di green si è utilizzato la norma che consente la vendita dei beni
sequestrati quando sono “deperibili”, ma il concetto di fondo, in questo caso,
non è tanto la deperibilità degli animali, quanto il fatto che dopo anni di
sequestro sarebbe un’ulteriore pena, per tutti, far ritornare l’animale dal
precedente proprietario, persino in caso di assoluzione.
Su questi temi occorre ancora ragionare per trovare, tutti
insieme, una soluzione che contemperi le ragioni di tutti e che consenta di
portarci davvero all’avanguardia in questa materia, scrivendo una pagina
inedita che merita di essere scritta in quella che è sempre stata, e continua
ad essere, la culla del diritto, e cioè l’Italia.
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