Il documentario di Giulia Innocenzi e Pablo D’Ambrosi è un viaggio che parte sul delta del Po, nel Polesine, in un allevamento intensivo di polli, e ci mostra subito animali scartati e uccisi per consegnare soltanto gli esemplari perfetti da immettere sul mercato. Gli "scarti" vengono dunque eliminati con pratiche violente.
I documentaristi si spingono poi in Europa e arrivano, ad
esempio, in Germania, a Berlino, in un allevamento di mucche a cui vengono
somministrati antibiotici illegalmente perchè colpite da mastiti a causa delle
condizioni di vita a cui sono sottoposte e in Spagna, in un allevamento
intensivo di maiali che sfrutta le poche risorse idriche del territorio e
scarica in vasconi all'aperto i liquami di risulta, causando inquinamento del
suolo e contaminazione della falda acquifera.
C’è dunque un filo conduttore che unisce sensibilità etiche
sul trattamento degli animali, preoccupazioni sanitarie e criticità ambientali e
che riguarda il sistema capitalistico di produzione alimentare che incrocia i
temi cruciali della nostra epoca relativi all’inquinamento, allo sfruttamento
del lavoro, alla tutela della salute umana a e degli animali.
Si potrebbe dire che YouTube è già pieno di montagne di video
di bovini picchiati, polli che non si possono muovere, maiali terrorizzati. Ma “Food
for Profit” aggiunge una visione (quella della complicità della politica) su
questa materia complessa e sfuggente, perché l’industria della carne è un colosso
difficile da combattere, in quanto ha una grande capacità di sottrarsi al
dibattito pubblico, di puntare subito il dito su chi prova a contestarla
bollandolo di estremismo.
Ma questa volta le cose sono andate diversamente. Per la
prima volta davvero l’industria della carne si è sentita sotto accusa. Proprio mentre
siamo qui, l’Associazione di Organizzazione di Produttori Italia Zootecnica e
l’Organizzazione Interprofessionale Intercarneitalia hanno organizzato un
convegno al Consorzio di Bonifica Adige Po di Rovigo in cui si parlerà anche di
una controproposta cinematografica al film di Giulia Innocenzi che stanno
organizzando, dal titolo “Food for Life”, per confutare le tesi sostenute nel
documentario.
Questo conferma che il lavoro d'inchiesta di Food for Profit è
diventato una denuncia e un atto d'accusa che ha colpito il mondo dei
produttori di carne e le istituzioni europee complici in modo diretto e
indiretto di questo sistema di produzione.
La PAC, la Politica Agricola Comune dell’Unione Europea ha ereditato
una lunga storia di favoritismi verso le grandi industrie con l’ossessione per
la produttività.
387 miliardi di sussidi in sette anni destinati alla politica
agricola comune, che dovrebbe aiutare gli agricoltori a sostenere il loro
reddito, vanno infatti in buona parte ai grandi gruppi industriali e agli
allevamenti intensivi. I cui gestori però, come si vede nel documentario, spesso
non rispettano le regole necessarie per la tutela del benessere degli animali e
della salute degli esseri umani.
E non è vero che le leggi a tutela del benessere degli
animali già ci sono, perché quelle in vigore non assicurano questa tutela. Gli
ordinamenti degli Stati membri, ed in particolare quello italiano, con molta
lentezza stanno assicurando standard accettabili di tutela del benessere
animale nel settore della produzione alimentare. Nel febbraio 2023, l’EFSA
(European Food Safety Authority), cioè l’Autorità europea per la sicurezza
alimentare, ha pubblicato dei pareri scientifici sul benessere delle galline ovaiole
e dei polli “da carne” all’interno degli allevamenti, evidenziando la necessità
di evitare l’uso delle gabbie e di impedire pratiche nocive quali le
mutilazioni, come il debeccaggio, e la restrizione alimentare. Lo stesso
Istituto aveva già raccomandato di concedere più spazio agli animali allevati, abbassare
le temperature massime e ridurre al minimo i tempi dei trasporti. La
Commissione ha richiesto questi pareri scientifici nell’ambito della strategia Farm
to Fork (il piano per guidare la transizione verso un sistema alimentare equo,
sano e sostenibile, all’interno dell’European Green Deal, un insieme di
iniziative politiche proposte dalla Commissione con l’obiettivo di raggiungere
la neutralità climatica entro il 2050) ed è attualmente in discussione la
riforma della legislazione europea sul benessere animale, tema che incrocia
fatalmente quelli della salute dell’uomo e dell’intero Pianeta. Il Green Deal è
nato dopo l’onda dei movimenti per il clima del 2019 ed è al momento il piano
climatico più ambizioso che abbiamo a disposizione in un momento in cui a
livello nazionale ed europeo le politiche di tutela ambientale sono messe a
repentaglio.
Il tempismo dell’uscita del documentario è dunque perfetto, perchè immediatamente prima delle elezioni europee del prossimo 8 giugno, per cui il lavoro di denuncia si è tramutato in una sorta di “call to action”, un invito a votare i candidati che hanno mostrato più sensibilità rispetto a questi temi.
Le principali associazioni di protezione degli animali
Italiane hanno aderito e partecipato alla campagna europea denominata Vote for
Animals, lanciata da Eurogroup for Animals con l’obiettivo di chiedere alle
forze politiche e ai candidati e candidate di impegnarsi per garantire maggiori
tutele agli animali in UE, tra cui il sostegno dell’eliminazione graduale delle
gabbie negli allevamenti e una riforma ambiziosa della legislazione europea con
alti standard per gli animali allevati e specifici avanzamenti per tutte le
specie. La campagna è presente in tutti e 27 i Paesi, e ci sono già 397
firmatari in UE. Sul sito voteforanimals.it si può vedere chi sono i candidati
italiani che si sono impegnati a far rispettare le nostre richieste per la
tutela degli animali.
Oltre al piano politico, abbiamo anche un’azione giudiziaria
in corso contro la Commissione Europea. Il Comitato dei Cittadini promotore
dell’Iniziativa dei cittadini europei (ICE) End the Cage Age ha presentato
ricorso presso la Corte di giustizia dell’Unione europea contro la Commissione
UE, responsabile di aver tradito il proprio impegno a proporre una normativa
per mettere fine all’allevamento in gabbia.
Nel 2021, la Commissione UE aveva assunto l’impegno formale a
presentare, entro la fine del 2023 una proposta legislativa per vietare l’uso
delle gabbie negli allevamenti europei. Una decisione in risposta al successo
dell’ICE End the Cage Age che – con il sostegno di una coalizione di 170
associazioni coordinate da Compassion in World Farming (CIWF), di cui 20
italiane – aveva raccolto 1,4 milioni di firme certificate.
La Commissione stava per presentare la propria proposta
legislativa per mettere fine all’allevamento in gabbia lo scorso autunno,
quando la presidente Von der Leyen ha messo il tutto in pausa, molto
probabilmente dietro le pressioni della lobby agricola.
Se la Corte di giustizia si esprimerà in favore del ricorso
(nel quale sto preparando una richiesta di intervento per conto della LNDC, che
aveva partecipato all’ICE), la Commissione sarà obbligata a pubblicare la
propria proposta legislativa, seguendo una tempistica chiara e ragionevole, e a
rendere pubblico il proprio dossier sull’ICE End the Cage Age.
La prospettiva futura, infine, è quella di passare dal
concetto di tutela del “benessere animale” al concetto di tutela dei diritti
degli animali, che sono dei “soggetti” e non delle cose “senzienti”. Abbiamo un
ampio corpus normativo (a solo titolo esemplificativo, in Italia, la L. n. 623
del 1985, che ratifica le precedenti convenzioni sulla protezione degli animali
da allevamento e da macello adottate a Strasburgo; il D. Lgs. n. 146 del 2001,
che dà attuazione alla direttiva 98/58/CE sulla protezione degli animali negli
allevamenti; il Regolamento C.E. n. 1 del 2005, sulla protezione degli animali
durante il trasporto e le operazioni correlate; il Regolamento C.E. n. 1099 del
2009, sulla protezione degli animali durante l'abbattimento) ma il “benessere
animale” che è tutelato anche dall’art. 13 del Trattato di Lisbona sul
Funzionamento dell’Unione Europea non basta ad assicurare un livello di tutela adeguato.
Bisogna ripensare dalle fondamenta il nostro rapporto con gli animali, e questo
lavoro coraggioso di Giulia è un mattone importante in questa opera di
ricostruzione.
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