lunedì 27 maggio 2024

PRESENTAZIONE “FOOD FOR PROFIT” – TEATRO AQUILA DI ROMA – 24/5/24


Il documentario di Giulia Innocenzi e Pablo D’Ambrosi è un viaggio che parte sul delta del Po, nel Polesine, in un allevamento intensivo di polli, e ci mostra subito animali scartati e uccisi per consegnare soltanto gli esemplari perfetti da immettere sul mercato. Gli "scarti" vengono dunque eliminati con pratiche violente.

I documentaristi si spingono poi in Europa e arrivano, ad esempio, in Germania, a Berlino, in un allevamento di mucche a cui vengono somministrati antibiotici illegalmente perchè colpite da mastiti a causa delle condizioni di vita a cui sono sottoposte e in Spagna, in un allevamento intensivo di maiali che sfrutta le poche risorse idriche del territorio e scarica in vasconi all'aperto i liquami di risulta, causando inquinamento del suolo e contaminazione della falda acquifera.

C’è dunque un filo conduttore che unisce sensibilità etiche sul trattamento degli animali, preoccupazioni sanitarie e criticità ambientali e che riguarda il sistema capitalistico di produzione alimentare che incrocia i temi cruciali della nostra epoca relativi all’inquinamento, allo sfruttamento del lavoro, alla tutela della salute umana a e degli animali.

Si potrebbe dire che YouTube è già pieno di montagne di video di bovini picchiati, polli che non si possono muovere, maiali terrorizzati. Ma “Food for Profit” aggiunge una visione (quella della complicità della politica) su questa materia complessa e sfuggente, perché l’industria della carne è un colosso difficile da combattere, in quanto ha una grande capacità di sottrarsi al dibattito pubblico, di puntare subito il dito su chi prova a contestarla bollandolo di estremismo.

Ma questa volta le cose sono andate diversamente. Per la prima volta davvero l’industria della carne si è sentita sotto accusa. Proprio mentre siamo qui, l’Associazione di Organizzazione di Produttori Italia Zootecnica e l’Organizzazione Interprofessionale Intercarneitalia hanno organizzato un convegno al Consorzio di Bonifica Adige Po di Rovigo in cui si parlerà anche di una controproposta cinematografica al film di Giulia Innocenzi che stanno organizzando, dal titolo “Food for Life”, per confutare le tesi sostenute nel documentario.

Questo conferma che il lavoro d'inchiesta di Food for Profit è diventato una denuncia e un atto d'accusa che ha colpito il mondo dei produttori di carne e le istituzioni europee complici in modo diretto e indiretto di questo sistema di produzione.

La PAC, la Politica Agricola Comune dell’Unione Europea ha ereditato una lunga storia di favoritismi verso le grandi industrie con l’ossessione per la produttività.

387 miliardi di sussidi in sette anni destinati alla politica agricola comune, che dovrebbe aiutare gli agricoltori a sostenere il loro reddito, vanno infatti in buona parte ai grandi gruppi industriali e agli allevamenti intensivi. I cui gestori però, come si vede nel documentario, spesso non rispettano le regole necessarie per la tutela del benessere degli animali e della salute degli esseri umani.

E non è vero che le leggi a tutela del benessere degli animali già ci sono, perché quelle in vigore non assicurano questa tutela. Gli ordinamenti degli Stati membri, ed in particolare quello italiano, con molta lentezza stanno assicurando standard accettabili di tutela del benessere animale nel settore della produzione alimentare. Nel febbraio 2023, l’EFSA (European Food Safety Authority), cioè l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, ha pubblicato dei pareri scientifici sul benessere delle galline ovaiole e dei polli “da carne” all’interno degli allevamenti, evidenziando la necessità di evitare l’uso delle gabbie e di impedire pratiche nocive quali le mutilazioni, come il debeccaggio, e la restrizione alimentare. Lo stesso Istituto aveva già raccomandato di concedere più spazio agli animali allevati, abbassare le temperature massime e ridurre al minimo i tempi dei trasporti. La Commissione ha richiesto questi pareri scientifici nell’ambito della strategia Farm to Fork (il piano per guidare la transizione verso un sistema alimentare equo, sano e sostenibile, all’interno dell’European Green Deal, un insieme di iniziative politiche proposte dalla Commissione con l’obiettivo di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050) ed è attualmente in discussione la riforma della legislazione europea sul benessere animale, tema che incrocia fatalmente quelli della salute dell’uomo e dell’intero Pianeta. Il Green Deal è nato dopo l’onda dei movimenti per il clima del 2019 ed è al momento il piano climatico più ambizioso che abbiamo a disposizione in un momento in cui a livello nazionale ed europeo le politiche di tutela ambientale sono messe a repentaglio.


Il tempismo dell’uscita del documentario è dunque perfetto, perchè immediatamente prima delle elezioni europee del prossimo 8 giugno, per cui il lavoro di denuncia si è tramutato in una sorta di “call to action”, un invito a votare i candidati che hanno mostrato più sensibilità rispetto a questi temi.

Le principali associazioni di protezione degli animali Italiane hanno aderito e partecipato alla campagna europea denominata Vote for Animals, lanciata da Eurogroup for Animals con l’obiettivo di chiedere alle forze politiche e ai candidati e candidate di impegnarsi per garantire maggiori tutele agli animali in UE, tra cui il sostegno dell’eliminazione graduale delle gabbie negli allevamenti e una riforma ambiziosa della legislazione europea con alti standard per gli animali allevati e specifici avanzamenti per tutte le specie. La campagna è presente in tutti e 27 i Paesi, e ci sono già 397 firmatari in UE. Sul sito voteforanimals.it si può vedere chi sono i candidati italiani che si sono impegnati a far rispettare le nostre richieste per la tutela degli animali.

Oltre al piano politico, abbiamo anche un’azione giudiziaria in corso contro la Commissione Europea. Il Comitato dei Cittadini promotore dell’Iniziativa dei cittadini europei (ICE) End the Cage Age ha presentato ricorso presso la Corte di giustizia dell’Unione europea contro la Commissione UE, responsabile di aver tradito il proprio impegno a proporre una normativa per mettere fine all’allevamento in gabbia.

Nel 2021, la Commissione UE aveva assunto l’impegno formale a presentare, entro la fine del 2023 una proposta legislativa per vietare l’uso delle gabbie negli allevamenti europei. Una decisione in risposta al successo dell’ICE End the Cage Age che – con il sostegno di una coalizione di 170 associazioni coordinate da Compassion in World Farming (CIWF), di cui 20 italiane – aveva raccolto 1,4 milioni di firme certificate.

La Commissione stava per presentare la propria proposta legislativa per mettere fine all’allevamento in gabbia lo scorso autunno, quando la presidente Von der Leyen ha messo il tutto in pausa, molto probabilmente dietro le pressioni della lobby agricola.

Se la Corte di giustizia si esprimerà in favore del ricorso (nel quale sto preparando una richiesta di intervento per conto della LNDC, che aveva partecipato all’ICE), la Commissione sarà obbligata a pubblicare la propria proposta legislativa, seguendo una tempistica chiara e ragionevole, e a rendere pubblico il proprio dossier sull’ICE End the Cage Age.

La prospettiva futura, infine, è quella di passare dal concetto di tutela del “benessere animale” al concetto di tutela dei diritti degli animali, che sono dei “soggetti” e non delle cose “senzienti”. Abbiamo un ampio corpus normativo (a solo titolo esemplificativo, in Italia, la L. n. 623 del 1985, che ratifica le precedenti convenzioni sulla protezione degli animali da allevamento e da macello adottate a Strasburgo; il D. Lgs. n. 146 del 2001, che dà attuazione alla direttiva 98/58/CE sulla protezione degli animali negli allevamenti; il Regolamento C.E. n. 1 del 2005, sulla protezione degli animali durante il trasporto e le operazioni correlate; il Regolamento C.E. n. 1099 del 2009, sulla protezione degli animali durante l'abbattimento) ma il “benessere animale” che è tutelato anche dall’art. 13 del Trattato di Lisbona sul Funzionamento dell’Unione Europea non basta ad assicurare un livello di tutela adeguato. Bisogna ripensare dalle fondamenta il nostro rapporto con gli animali, e questo lavoro coraggioso di Giulia è un mattone importante in questa opera di ricostruzione.

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