sabato 9 agosto 2025

“Animali in Città”. Cura Pubblica, Responsabilità Condivisa. Sinergie tra Istituzioni, Garanti, Associazioni e Comunità: verso la Rete Nazionale dei Garanti per i Diritti degli Animali - Festambiente 2025

Il quadro sulla gestione degli animali in città
rimane a
tinte fosche.

Quasi 100.000 il numero dei cani abbandonati, quasi 400.000 il numero dei randagi, la maggior parte dei quali nel sud Italia (Lazio, Sicilia, Campania, Puglia e Calabria dove se ne stimano circa 250 mila). 

Le carenze rimangono quelle relative a monitoraggio, regolamentazione, controlli, e ai servizi animal friendly in città e al mare. Neppure un terzo dei Comuni dichiara di aver spazi dedicati agli animali d’affezione, specialmente nel sud Italia e solo un quarto dei Comuni costieri ha regolamentato l’accesso in spiaggia.

Anche questi ritardi hanno impatti negativi nella gestione degli animali da compagnia in città, a fronte di una spesa pubblica del settore di circa 250 milioni di euro, di cui circa 200 milioni in capo ai Comuni e circa 50 milioni alle Aziende sanitarie. Spesa pubblica pesantemente condizionata dai costi per i canili rifugio, indicatore di scarso impegno in politiche di prevenzione, e che equivalgono a circa il 65% della spesa di settore. Parliamo di una spesa pubblica per il settore che equivale a circa il triplo della somma impegnata per la gestione di tutti i 24 Parchi nazionali.

Tra i talloni d’Achille su cui l’Italia deve lavorare c’è, in primis, quello dell’anagrafe canina. Neppure la metà dei Comuni conosce il numero complessivo dei cani iscritti in anagrafe canina presenti nel proprio territorio, circa 10 milioni. La corretta gestione dell’anagrafe canina non è solo un modo per tenere monitorati gli animali ma è il principale strumento per ridurre la presenza dei cani in canile. Si è sempre molto battuto sulla necessità di sterilizzare e favorire le adozioni, che rimangono ricette fondamentali per la gestione del randagismo ma sterilizzazione e adozioni sono misure che presuppongono la presenza dei cani su cui intervenire. A monte c’è un discorso di responsabilizzazione dei proprietari. Se si continua a cercare di intervenire a valle del problema si continua a cercare di svuotare il mare con il cucchiaino, perché gli allevamenti amatoriali non censiti, gli acquisti di animali non tracciati su internet e i facili abbandoni sono il rubinetto che crea randagismo. I proprietari vanno responsabilizzati, è un fatto culturale. La legge sul randagismo si dice che abbia funzionato bene nel nord Italia, ma non è la legge ad avere funzionato, è il diverso approccio culturale alla gestione degli animali. La L. 281/91 funziona bene se ci si muove nell’ordinarietà e non in una situazione emergenziale quale quella che si riscontra nel sud Italia, dove va chiuso il rubinetto che produce randagismo, e per chiudere questo rubinetto bisogna far funzionare bene l’anagrafe canina (anche rendendo effettiva l’anagrafe unica nazionale) e aumentare i controlli e le sanzioni.

Poi si deve sempre lavorare sull’aumento della visibilità dei cani in canile e sulle adozioni responsabili, verificando l’idoneità di chi si propone di prendere in carico un animale e controllare successivamente se l’animale si è ben inserito nella nuova situazione di vita. In fatto di possibili agevolazioni fiscali per le adozioni di cani, neppure un decimo dei comuni le applica; mentre scende ad uno su venti la percentuale dei Comuni che hanno previsto regolamenti con agevolazioni o oneri fiscali per facilitare la sterilizzazione di cani e gatti e per contrastare chi detiene, senza dichiararsi allevatore, riproduttori e cucciolate.

I controlli vanno fatti anche sulle situazioni di cattiva detenzione, e su questo è importante che il personale della ASL sia maggiormente preparato a individuare anche le situazioni di maltrattamento etologico e che sia rafforzato anche l’organico con l’immissione di nuove leve. Abbiamo anche riscontrato che i più giovani veterinari nella ASL hanno maggiore predisposizione a questo tipo di valutazioni che superano l’impronto molto zootecnica dei veterinari pubblici più di lungo corso, quindi c’è da sperare bene. Inoltre, c’è uno spazio ancora non normato, quello di chi non è in grado di gestire correttamente gli animali, pur non volendo maltrattarli e occorrerebbero norme per intervenire come si fa con i minori che non sono seguiti dai genitori, attivando dei percorsi che possono portare all’apertura di una procedura di adozione dell’animale quando chi ne è il proprietario non è in grado di prendersene cura. Al momento in questi casi cerchiamo di ottenere dei provvedimenti da parte del Sindaco ma non è agevole ottenerli, in mancanza di riferimenti normativi.

 Im generale, occorre una sinergia tra Governo, Regioni, istituzioni locali, ASL, polizia municipale, guardie zoofile, per la corretta gestione del randagismo e degli animali in città: Parlo di gestione del randagismo e non uso l’espressione “problema” del randagismo perché la presenza di cani in città, anche liberi, i cosiddetti liberi accuditi, cioè sterilizzati e reimmessi sul territorio laddove non creino problemi, non è un male. Quindi randagio, inteso di libero, vagante, come lo sono i gatti delle colonie feline non è un termine da connotare negativamente. Va connotato negativamente il fenomeno fuori controllo.

Anche da questo punto di vista è importante una evoluzione culturale che allinei correttamente la relazione uomo-animale-ambiente. Salute e benessere umano, animale e ambientale sono inestricabilmente interconnessi e sempre più i cittadini sono consapevoli che debbono essere affrontati in modo coerente, aderendo pienamente e applicando concretamente l’approccio “One Health” in ogni scelta politica” sia quando parliamo di gestione di fauna selvatica fuori dalle città, sia quando parliamo di animali nelle città che abbiamo costruito a nostra misura (e neppure tanto) e che devono essere in grado di garantire la convivenza con altri animali e il rispetto di valori ambientali che ora sono anche di rango costituzionale.


Da questo punto di vista un ruolo importante può esser svolto dai Garanti dei Diritti degli Animali, già nominati in tanti Comuni e Regioni. Occorre l’Istituzione dell'Ufficio del Garante Nazionale dei diritti degli animali e che tutte le Regioni, Province e Comuni si dotino del rispettivo ufficio del garante dei diritti degli animali, che vigili sulla corretta applicazione della normativa internazionale, comunitaria, nazionale e regionale vigente in materia di tutela dei diritti degli animali; vigili sull'attività degli enti, delle istituzioni e su soggetti pubblici e privati che operano con animali e, in caso di fatti o comportamenti che configurano reati, provveda a denunciarli o segnalarli all'autorità giudiziaria; segnali al Governo l'opportunità di provvedimenti legislativi o regolamentari finalizzati a garantire una più adeguata tutela dei diritti degli animali; promuova campagne di informazione ed eventi di sensibilizzazione, in materia di tutela dei diritti degli animali, anche in collaborazione con le associazioni animaliste e con eventuali soggetti patrocinatori, pubblici o privati; riceva le segnalazioni e i reclami dei privati cittadini, provvedendo, ove necessario, a informarne gli organi competenti; si rapporti ai garanti regionali, provinciali e comunali mediante l’istituzione di una Conferenza nazionale dei garanti dei diritti degli animali che assicuri il coordinamento delle attività dei garanti.

giovedì 20 febbraio 2025

Giornata del Gatto - Atlantico, Roma - 17/2/2025

Non c’è città migliore di quella di Roma per festeggiare la giornata del gatto.

Ho ancora impressa nella memoria la scena del celebre cartone Disney “Gli Aristogatti” che mia madre mi portò a vedere al cinema quando ero piccolo, quando a un certo punto compare il gatto Romeo, “er mejo der Colosseo”, che dice di essere arrivato a Parigi in autostop. Questa immagine che ho negli occhi esalta la condizione di vita del gatto “libero”.

La L. 281/91, la legge quadro in materia di protezione degli animali e prevenzione del randagismo, parla proprio di “gatti in libertà”. In un qualche modo il legislatore, se vogliamo vederla così, si è inchinato davanti al gatto, ne ha riconosciuto la sua insopprimibile natura di animale libero, e ha tenuto associata alla parola “gatto” la parola “libero” e per certi versi questa è una grande cosa, se pensiamo che questo privilegio è negato al cane, se non nell’eccezionale caso dei cani reimmessi sul territorio. Il cane libero è un randagio e quest’ultima parola, a parte gli utilizzi poetici, ha di fatto un’accezione negativa e rimanda al necessario intervento di cattura e di rimozione dal territorio.

La libertà dei gatti è invece la regola e la legge, attraverso le specificazioni avvenute a livello regionale (nel Lazio con la Legge Regionale 34/97 e la DGR 43/2010), regolamenta la gestione delle colonie feline, costituite dall’insieme di due o più gatti che frequentano sempre lo stesso luogo.

Sappiamo che, per essere le colonie riconosciute ufficialmente, deve essere presentata una apposita richiesta alla ASL territorialmente competente, con l’indicazione del nominativo del referente di quella colonia. La legge prevede che, una volta autorizzata, la Asl deve occuparsi dell’identificazione e della sterilizzazione dei gatti appartenenti a quella colonia.

Le associazioni per la protezione degli animali possono, in accordo con le aziende ASL competenti, avere in gestione le colonie dei felini che vivono in stato di libertà, curandone la salute e le condizioni di sopravvivenza.

Tutto bello a dirsi ma con le sterilizzazioni siamo molto indietro. Bisogna assolutamente incrementare il numero delle sterilizzazioni al fine di non fare nascere gatti soprattutto nei contesti più degradati. Bisogna arrivare in ogni parte della città ma il servizio pubblico veterinario a Roma al momento non riesce a soddisfare tutte le richieste e ci sono code lunghissime per gli appuntamenti per le sterilizzazioni.

Negli ultimi anni la situazione è letteralmente esplosa, non solo nella Regione Lazio e nella Provincia di Roma da sempre meno attente alle problematiche del randagismo felino ma anche nella Capitale.

Roma Capitale ultimamente ha stanziato dei fondi per privati e associazioni anche per le sterilizzazioni e microchippature ma siamo ancora in alto mare rispetto al numero dei gatti interi sul territorio. Le colonie feline censite e riconosciute dalle Asl attualmente sono oltre 5.000 ed ospitano circa 55.500 felini. Roma è la capitale europea che ha il maggior numero di colonie feline e le più estese. Ricordiamoci che le colonie feline purtroppo non si trovano solo in ambienti belli come Villa Borghese ma anche in tante zone degradate, a rischio di atti violenti o incidenti stradali. La sterilizzazione dei gatti rimane sempre e comunque una priorità, insieme all’incentivazione delle adozioni consapevoli.

Sicuramente servirebbe organizzare dei tavoli di lavoro tra i Comuni, le Asl e la Regione per individuare delle soluzioni rapide.

Ricordiamo che nella DGR 43/2010 viene specificato che per i gatti appartenenti alle colonie feline registrate, le prestazioni sanitarie da fornire da parte dei Servizi Veterinari delle ASL competenti per territorio sono non solo la sterilizzazione, ma anche le cure di primo soccorso (ai sensi dell’articolo 3 comma 1 lettera b – Legge regionale 34/97).

 Il Regolamento Benessere Animale di Roma Capitale prevede che i gatti liberi che vivono nel territorio sono tutelati dal Comune, il quale provvede alla vigilanza sanitaria sulla corretta gestione delle colonie feline.

Viene specificato che il Comune riconosce l’attività benemerita dei cittadini che, come gattari/e, si adoperano per la cura ed il sostentamento delle colonie di gatti liberi, a cui è permesso l’accesso, al fine dell’alimentazione e della cura dei gatti, a qualsiasi habitat nel quale i gatti trovano cibo, rifugio e protezione.

Ovviamente i/le gattari/e sono obbligati a rispettare le norme per l’igiene del suolo pubblico e del decoro urbano evitando la dispersione di alimenti, provvedendo alla pulizia della zona dove i gatti sono alimentati dopo ogni pasto ed asportando ogni contenitore utilizzato.

La L.R. 34/97, in linea con i principi nazionali, prevede il divieto di maltrattamento e di spostamento dei gatti dal loro "habitat", per cui dopo la sterilizzazione i gatti vanno ricollocati nel loro gruppo.

Le colonie feline non possono essere spostate dal luogo dove abitualmente risiedono; eventuali trasferimenti potranno essere effettuati in collaborazione con il competente Servizio Veterinario Azienda USL competente per territorio ed esclusivamente per comprovate e documentate esigenze sanitarie riguardanti persone o gli stessi animali o comprovate motivazioni di interesse pubblico.

A volte abbiamo contestato e impugnato alcune ordinanze di primi cittadini che avevano imposto il divieto di dar da mangiare ai gatti liberi all’interno di un centro storico, ordinanze che sono state ritenute illegittime dalla giurisprudenza amministrativa, ferma restando la necessità di salvaguardare l’igiene dei luoghi pubblici.

In molti casi ci sono purtroppo contenziosi che si instaurano all’interno dei condomini tra chi mette dei piattini negli spazi comuni e chi non li vuole, ma anche in questo caso la giurisprudenza tende a tutelare i gatti.

In data 11 febbraio 2025 è stata approvata in Assemblea Capitolina una mozione che mira a dare maggiore valenza e istituzionalizzazione alle colonie feline della città.

Viene prevista la fornitura di accessori con un logo di Roma Capitale, realizzato in collaborazione con le scuole, che identifichi univocamente tutte le attrezzature e i tutor di colonia, con lo scopo di avere un pieno riconoscimento ed istituzionalizzazione degli stessi. Inoltre, andrebbe valorizzata la figura dei catturatori, che consentono la sterilizzazione e la reimmissione dei gatti in colonia, e anche questa è una figura professionale da valorizzare.

In conclusione vorrei evidenziare che non ci sono solo i gatti in libertà da tutelare. Ci sono tante situazioni di maltrattamento che richiedono un intervento puntuale e competente da parte delle istituzioni e noi ci occupiamo di queste cose tutti i giorni.

Occorrono controlli, ci sono molti casi di gatti che non vengono tenuti adeguatamente nelle case e si arriva spesso ad eccessi ed abusi, come nei casi delle accumulatrici seriali che fanno vivere i gatti in casa in pessime condizioni. Qui a Roma stiamo seguendo da anni un caso a Re di Roma per il quale abbiamo una vicenda giudiziaria ancora aperta.

Altre volte ci sono liti di vicinato che a volte sfociano in atti criminali per cui i gatti di privati che invadono il terreno confinante vengono presi letteralmente a fucilate o avvelenati e spesso, anche se si hanno forti sospetti, non si riesce a fornire la prova dell’autore di questi crimini. Occorre non solo una maggiore vigilanza ma una maggiore cultura di rispetto verso i gatti e tutti gli animali

Insomma, ancora tanto da fare ma siamo sulla strada giusta e occasioni come questa sono importanti per proseguire e incentivare un dialogo con i cittadini finalizzato proprio a far aumentare la cultura di rispetto per questi straordinari animali che sono i gatti.