mercoledì 10 agosto 2011

Presentazione del libro "La vera storia di Cappuccetto Rosso e Lupo Pupo" - Atessa, 29/7/2011

Mi sono permesso di rimaneggiare, e l’ho fatto molto volentieri, la fiaba di Cappuccetto Rosso.
Non è che io sia stato il primo a farlo. Cappuccetto Rosso, infatti, è una delle fiabe europee più popolari al momento, di cui esistono molte varianti. In un cartone animato diretto da Tex Avery (Red Hot Riding Hood), Cappuccetto Rosso addirittura veste in panni di una provocante cantante di Night Club!
Ma io non mi sono spinto così lontano dal testo originario. La versione scritta più antica della fiaba è Le Petit Chaperon Rouge, apparsa nella raccolta di fiabe I racconti di mamma Oca di Charle Perrault nel 1967. In questa versione, peraltro ripresa da Collodi nella sua raccolta I racconti delle fate) mancava il lieto fine, e la fiaba si concludeva con il lupo che mangia sia Cappuccetto Rosso che la nonna.
Furono i fratelli Grimm ad introdurre l’intervento salvifico del cacciatore, che uccide il lupo estraendo dalla sua pancia Cappuccetto Rosso e la nonna. Questa estrazione rimanda alla fiaba russa Pierino e il lupo, al Libro di Giona, e la ritroviamo anche nella fiaba di Pinoccho, allorquando quest’ultimo trova il padre Geppetto nel pancia del pescecane.
Io da bambino ho sempre provato disagio per il finale violento della favola di Cappuccetto Rosso, che vedeva il lupo morire con la pancia tagliata.
Secondo alcuni psicologi infantili, il fatto che il lupo, o il cattivo di turno, venga ucciso, è un fatto importante. Generalmente, infatti, il bambino si identifica sempre nel personaggio debole, che poi, grazie alla sua astuzia o al suo coraggio, riesce a vincere. La stessa cosa la si ha nella storia dei Sette capretti, in cui il capretto più piccolo riesce a salvare i suoi fratellini, e ad uccidere il lupo, riempiendogli la pancia di sassi. Dunque la favola deve rispettare le aspettative del bambino, con il bene che vince sul male.
Sono perfettamente d’accordo. Ma non riesco ad essere d’accordo sul fatto che il cacciatore debba rappresentare il bene ed il lupo, invece, il male.
Anche nella mia versione della favola esiste il bene ed il male. Il male, però, è il pregiudizio. E’ giusto che la mamma raccomandi a Cappuccetto Rosso di non allontanarsi dal sentiero che conduce a casa della nonna. E’ giusto che Cappuccetto Rosso abbia paura del lupo. Infatti il lupo, nella favola, afferma che sarebbe stato pronto ad aggredire, se fosse stato costretto a farlo. Ma, in fondo, è buono come gli altri animali. Questa favola, dunque, non incita il bambino a discostarsi dalle raccomandazioni dei genitori. Ma insegna che tutti insieme possiamo vincere dei pregiudizi che sono uno dei mali di tutti i tempi.
Io ritengo dunque che questa favola possa avere una valenza pedagogica. Attenzione, perché il cacciatore non è il cattivo della favola. Questo è un passaggio importante: non c’è alcun ribaltamento dei ruoli. Le raccomandazioni dei genitori avevano la loro ragion d’essere, e Cappuccetto Rosso non se ne discosta, e finisce nel bosco non deliberatamente, ma per sbaglio. Ma poi, con la sua intelligenza ed il suo coraggio, riesce a superare i pregiudizi di una intera comunità, che per questo motivo la festeggia.
E io penso che ad ogni bambino piacerebbe identificarsi in questo personaggio, che fa vincere il bene (l’amore verso il prossimo) sul male (il pregiudizio), con un finale festoso per tutti.