domenica 28 marzo 2021

Tutela degli animali e Costituzione italiana. Ne parliamo con l’avvocato Michele Pezone della LNDC – Animal Protection

Articolo di Alessia Colaianni, tratto dal sito caniledimonopoli.org

Con l’insediamento di Mario Draghi come nuovo Presidente del Consiglio e la creazione di un Ministero della Transizione Ecologica, con a capo Roberto Cingolani, è stata evidente la volontà di porre maggiore attenzione ai temi ambientali. Alla luce di queste nuove condizioni, lo scorso febbraio, la Federazione Italiana Associazioni Diritti Animali e Ambiente, di cui fa parte la Lega Nazionale per la Difesa del Cane insieme a molte altre organizzazioni non governative, ha proposto l’inserimento nella Costituzione italiana della tutela degli animali, della biodiversità e degli ecosistemi. Di cosa si tratta e cosa cambierebbe a livello di diritto? Lo abbiamo chiesto all’avvocato Michele Pezone, il responsabile nazionale dei diritti degli animali per la Lega Nazionale per la Difesa del Cane – Animal Protection.

La proposta della Federazione Italiana Associazioni Diritti Animali e Ambiente

“Noi abbiamo formulato questa richiesta – spiega l’avvocato Pezone – circa un mese fa, insieme alle altre maggiori associazioni di protezione degli animali, con una lettera che abbiamo indirizzato non solo al Presidente del Consiglio, Mario Draghi, ma anche al Ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani. Abbiamo chiesto l’inserimento in Costituzione della tutela degli animali, degli ecosistemi e della biodiversità. È una modifica costituzionale che sicuramente costituirebbe un passaggio rilevante per garantire la protezione di tutte le forme di vita presenti in natura. Abbiamo proceduto in questo modo in considerazione dell’impegno che ha assunto Draghi, in sede di fiducia al Senato, di inserire il principio dello sviluppo sostenibile nella Costituzione. Lo stesso Presidente del Consiglio ha sottolineato che si tratta di uno strumento fondamentale per preservare il Pianeta e le future generazioni”.

Gli animali e la legge italiana

Gli animali sono già presenti nella legge italiana, nel diritto amministrativo, civile e penale. “In realtà il nostro ordinamento è un po’ disorganico da questo punto di vista. – racconta Pezone – Io spesso mi trovo ad affermare che mi piacerebbe anche una codificazione unica che regolamenti il nostro modo di rapportarci agli altri animali. Per il diritto penale, per esempio, la qualità di esseri senzienti è ormai stata recepita, cosa che invece non è avvenuta nel codice civile, dove gli animali sono ancora delle cose, delle res, seguendo l’antica tradizione romanistica. Questo ci dà già contezza di come sarebbe importante una riforma anche a livello costituzionale, perché ci sarebbe tutto un altro modo di approcciarsi alla questione dei diritti degli animali. Oggi abbiamo un appiglio normativo a cui spesso facciamo riferimento: l’articolo 13 del Trattato di Lisbona, che richiama gli Stati membri dell’Unione Europea alla tutela degli animali in quanto esseri senzienti”. Questa mancanza di organicità nella giurisprudenza italiana sottolinea ancora di più la rilevanza di una riforma costituzionale come quelle che sono già state attuate in Germania e Svizzera. Ora questo obiettivo sembra a portata di mano.

Un futuro a misura di essere vivente

Cosa ha impedito sino a ora una riforma di questo tipo, l’inserimento della tutela degli animali, della biodiversità e degli ecosistemi nella Costituzione italiana? Ci sono state delle difficoltà politiche e resistenze alimentate dal timore che, settori come l’allevamento o la ricerca biomedica, potessero essere danneggiati da nuovi provvedimenti. Abbiamo quindi chiesto a Michele Pezone cosa pensa di chi ha posizioni contrarie alla proposta avanzata dalla Federazione Italiana Associazioni Diritti Animali e Ambiente: “Si tratta sempre di bilanciare dei principi che spesso entrano in conflitto: nel mondo giuridico, come in altri, si cerca di trovare un equilibrio anche tra esigenze contrapposte. In fin dei conti lo stesso concetto di sviluppo sostenibile presuppone che ci siano istanze ambientali che possano entrare in conflitto con quelle dell’economia, con quelle del lavoro. È necessario trovare dei punti di equilibrio. Una riforma costituzionale come questa consentirebbe di alzare il livello di attenzione, quell’asticella relativa al livello di tutela degli animali. Certo, ciò porterebbe a dover rivalutare tutta una serie di attività che oggi vengono praticate, ma sarebbe un’attività benefica. In questo nuovo bilanciamento non è detto che i settori che abbiamo nominato debbano essere completamente esclusi”. Pezone ha proseguito: “Con principi costituzionali che sanciscono la tutela degli animali come esseri senzienti, i controlli e le normative che sono finalizzate ad assicurarne il benessere subirebbero una rielaborazione, un impulso verso condizioni di vita dignitose che oggi non sono sempre assicurate”.

Un cambio di prospettiva

Nella proposta di riforma costituzionale si parla anche di biodiversità ed ecosistemi, un aspetto fondamentale considerando la situazione che stiamo vivendo: l’epidemia di coronavirus ci ha mostrato quanto siamo interconnessi con gli altri esseri viventi. A tal proposito l’avvocato commenta: “Quando si fa riferimento agli altri animali si utilizzano sistemi normativi che non tengono veramente conto di quella che è la loro soggettività, di quella che è anche la nostra interconnessione con loro. Per questo motivo è importante, nella tutela costituzionale, parlare di ecosistemi e di biodiversità. Ci sono tante specie che sono in via d’estinzione, la stessa pandemia ha dato contezza di quanto siamo legati con il resto del mondo animale. Abbiamo bisogno di un cambio di prospettiva, ci dovremmo rendere conto che le norme umane sono un sottoinsieme di quelle che riguardano la tutela dell’ambiente e della vita degli animali sul Pianeta. Dovremmo ristabilire un ordine di priorità, ma per questo discorso i tempi non sono ancora maturi”.

L’intervista è stata redatta e abbreviata per questioni di fruibilità e chiarezza. Potete ascoltarla integralmente cliccando sul seguente link che vi porterà al podcast “Animal café – Chiacchiere e animali al bar” condotto da Alessia Colaianni, nostra volontaria e responsabile dei contenuti del blog del nostro sito.



domenica 28 febbraio 2021

intervento al webinar "Non è un Paese per orsi" organizzato da Assemblea Antispecista e Centro Sociale Bruno (24/2/21) - "Il punto sulle ultime sentenze e ricorsi"

Limitando l’analisi agli ultimi provvedimenti della giustizia amministrativa, non possiamo che partire proprio dalla sentenza del Consiglio di Stato su M49 (sentenza n. 571/2021), che ho seguito personalmente insieme all’avvocato Paolo Letrari di Rovereto per conto della LNDC Animal Protection.

Il motivo principale del nostro ricorso era che la PAT aveva agito per le “vie brevi”, cioè quelle dell’ordinanza contingibile e urgente, senza optare per la procedura ordinaria (di cui al combinato disposto dell’art. 19, l. n. 157 del 1992 e dell’art. 11, d.P.R. n. 357 del 1997) e senza che vi fosse un pericolo attuale ed imminente per la pubblica incolumità, che era il solo presupposto che poteva legittimare questa procedura d’urgenza.

Qui è bene essere molto chiari sul punto, perché è fondamentale per capire i termini della questione giuridica.

Nel nostro ordinamento, anche prima dell’adozione della “direttiva habitat” 92/43/CEE e del suo regolamento di attuazione (il d.P.R. n. 357 del 1997), era stata introdotta la disciplina di tutela delle specie protette e del prelievo venatorio con la l. 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio), che all’art. 1 annovera la fauna selvatica nel patrimonio indisponibile dello Stato e, all’art. 2, per alcune specie, tra le quali l’orso e il lupo, prevede un particolare regime di protezione.

Alla disciplina statale di tutela delle specie protette contenuta nella l. n. 157 del 1992 si è poi sovrapposto il regolamento attuativo della “direttiva habitat”, di cui al d.P.R. n. 357 del 1997; tale normativa prevede una protezione rigorosa per l’orso e il lupo e attribuisce il potere di autorizzare la deroga al divieto di cattura o uccisione delle specie protette al solo Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentiti per quanto di competenza il Ministro per le politiche agricole e l’Ispra “a condizione che non esista un’altra soluzione valida e che la deroga non pregiudichi il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie interessata nella sua area di distribuzione naturale […]” (art. 11, comma 1).